Questo è ufficialmente il primo disco per gli svedesi Faceshift, ma questa band è in realtà formata dagli stessi membri che militavano negli Eternal Oath (a meno del chitarrista Petri Tarvainen) e che, all’inizio del 2007, dopo circa 15 anni di attività, avevano deciso di sciogliere la band. Il cambio di nome e di etichetta non ha portato però a un salto qualitativo apprezzabile, la loro musica rimane sempre un classico symphonic death metal di stampo svedese. Il loro sound è sempre stato carente soprattutto nella sezione vocale che dovrebbe essere, invece, il pilastro della melodia, come in tutte del band del genere. Timo Hovinen, il cantante, rimane incapace di incantare, esattamente come faceva negli Eternal Oath. Una carenza così forte porta a rendere fredde e poco carismatiche soprattutto le canzoni lente dove la voce fa da padrona. Reconcile, questo il titolo dell’album, si apre, purtroppo, con i suoi due brani meno emozionanti “Reality / Fatality” e “My Own Demise” entrambe canzoncine, sì orecchiabili, ma senza troppa spina dorsale.
Per arrivare ad avere un pezzo interessante bisogna attendere “Live The Lie”. In questa canzone, infatti, aumenta la complessità delle ritmiche e il flusso della canzone viene reso più vario da parti nelle quali la voce di Timo viene affiancata dalle sole tastiere. Anche “Chokehold” riesce ad essere un pezzo orecchiabile senza risultare scontato, ma non si può accettare che, da dei musicisti che lavorano insieme da più di 10 anni, si debba aspettare la quinta traccia per trovare una canzone che si lasci ascoltare con piacere. Purtroppo anche la title track non riesce, soprattutto nella chiusura, a trovare lo spunto giusto che la renderebbe un brano da ricordare.
Reconcile, purtroppo, doveva essere l’album della svolta per rilanciare il lavoro degli Eternal Oath ma così non è stato. I difetti della vecchia band sono ancora tutti presenti e mi è difficile pensare che in questo modo i Faceshift possano tornare alla ribalta. Mai dire mai in ogni caso, ma questa non è sicuramente una partenza coi fiocchi per un gruppo “nuovo” come i Faceshift che ha sulle spalle l’onere di continuare l’opera degli Eternal Oath.
Recensione di Tommaso Bonetti
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