Ecco che mi appresto a recensire, dopo quasi più di 3 mesi dall'uscita, l'ennesima fatica dello svedese Vintersorg. Tempo necessario per capire appieno l'immensa opera che ci viene proposta. Infatti quest'album è composto da una quantità impressionante di riff, sovraincisioni, arrangiamenti molto complessi che, per essere apprezzati appieno richiedono un'infinità di ascolti.
L'album riparte da dove era finito "Visions from the Spiral Generator", approfondendone le idee innovative riuscendo a creare un disco talmente assurdo e assolutamente fuori dagli schemi (sia come struttura dei pezzi che come insieme di stili) capace di far sembrare il precedente album e Empiricism dei Borknagar (band della quale Vintersorg è cantante) degli album semplici, immediati nonostante in realtà non lo siano.
Una breve e cupa (che si frappone alla serenità dell'album precedente) intro sinfonica/elettronica con una parte parlata ci fà da preludio alla prima vera canzone: "The Essence". All'inizio è una dolce chitarra acustica (che molto ricorda la produzione più remota del gruppo) sopra la quale si assesta un bellissimo giro di basso a condurci, poi, all'improvviso, ecco partire una sfuriata in pieno stile black con Vintersorg che sfodera il suo ottimo scream. Nel ritornello i tempi rallentano (e si sentono più pesantemente gli arrangiamenti tastieristici veramente azzeccatissimi) per poi riprendere a pestare subito dopo. Veramente notevole la ripresa, nella parte centrale, della parte acustica iniziale sulla quale viene aggiunta un'ottima linea vocale. Già da questa prima traccia si capisce che non si ha a che fare con un cd semplice vista la quantità di cose presenti solo nella prima manciata di minuti. La terza traccia, "The Thesises Seasons", si apre con un riff di chitarra spezzato nel quale basso e batteria creano delle trame veramente notevoli. La strofa è quanto di più strano Vintersorg abbia mai creato: una linea vocale continua che si incastona sopra delle ritmiche di chitarra che continue non lo sono affatto. Col ritornello si ritorna alla "normalità", grazie a una maggiore linearità delle varie parti. Notevole soprattutto le linee vocali, veramente superlative grazie all'alternanza di parti in scream e parti in clean. Verso metà la canzone cambia ci colpa diventando più oscura grazie ad un oscuro giro di piano e a delle parti vocali chiaramente più black. Ma subito ecco la ripresa del ritornello che ci porta verso "Matrix Odyssey". Una batteria elettronica con la narrazione del concept da parte di Lars Nedland (tastierista dei Borknagar) ci introduce ad un riff dal sapore molto rock seguito da uno più progressive, grazie soprattutto all'immenso lavoro di Asgeir Mickelson (batterista di Borknagar e Spiral Architect) dietro le pelli. Il ritornello sembra vuoto essendo quasi privo di arrangiamenti ed è abbastanza lento. Dopo un'altro giro strofa/ritornello ecco uno stacco di synth (presente anche come sottofondo all'intro della canzone) che fà da preludio ad un riff velocissimo di chiara derivazione black al quale segue un'ottimo solo di chitarra, la ripresa del riff precedente e un'altro assolo al quale viene affiancato il ritornello riempito con delle ottime backing vocals. La successiva "Starpuzzled" è indubbiamente una delle canzoni più strane del lotto. Dopo una brevissima intro di tastiera ecco dei poderosi colpi colpi sui quali Vintersorg urla più cattivo che mai. Subito si innesta un riff dal sapore thrash spazzato via però dal verse che richiama molto il prog sul quale Vintersorg si esibisce in una prova eccelsa, sia come linee che come espressività. Nel ritornello ritorna una pesante linea thrash con una parte di tastiera veramente assurda nel finale. Ecco inserirsi un ottimo solo e poi via di nuovo cone strofa e poi ritornello per poi allontanarsi da quanto fatto prima con una parte abbastanza prog anni '70 sorretta da un'ottimo giro di fretless ad opera di Steve DiGiorgio. Senza una logica ben precisa (a primo ascolto) ecco a seguire una parte abbastanza elettronica/sinfonica sulla quale Vintersorg sorprende cantando una linea che molto deve al jazz. Finito questo assurdo intermezzo si riparte con un'ottimo solo di hammond per poi chiudere il tutto con il ritornello. "A Sphere in a Sphere? (to Infinity)" sorprende per la sua normalità (almeno all'inizio). Infatti è una semplice melodia di chitarra accompagnata da una semplicissima ritmica a introdurci ad un ottimo solo prima e poi ad una strofa stoppata poi sulla quale la bellissima voce di pulita di Vintersorg tesse delle linee a dir poco fantastiche. Dopo un'altro bellissimo solo ecco la seconda strofa che rimane impressa per la linea vocale cantata contemporaneamente sia in clean che in scream alla quale segue il ritornello acustico dal sapore folk (con una parte vocale da brividi) che ci fà da introduzione ad uno stacco pianistico abbastanza jazz sul quale basso e batteria creano all'unisono un'ottimo accompagnamento. Pian piano ecco entrare anche la voce e la chitarra per poi tornare al pezzo acustico precedente che fà da preludio alla fine. La successiva "A Microscopical Macrocosm" è la "ballata" del disco, come nel precedente album fu "A Star-Guarded Coronation". Il verse è pacato ed è sostenuto da un bellissimo giro di basso. Pian piano li chitarre si fanno più presenti sino ad arrivare al ritornello molto più sostenuto rispetto alla strofa con una linea vocale semplice accompagnata da delle chitarre acustiche. Dopo il secondo ritornello la canzone cambia e si fà più oscura con il solo di chitarra ma ecco ritornare subito il gioioso ritornello condito con delle backing vocals dal sapore molto pop che ci conduce alla successiva "Blindsight Complexity" che ricalca un pò le orme di "A Sphere in a Sphere? (To Infinity)" anche se leggermente rallentata e con un lavoro chitarristico più strano. Bellissimo il ritornello con una semplice ma efficace batteria seguito da uno stacco semiacustico molto particolare. "Dark Matter mystery (Blackbody Spectrum)" parte abbastanza in your face con le chitarre in primo piano, sulle cui ritmiche Vintersorg tesse delle ottime linee vocali. Il ritornello è molto melodico grazie a un'ottima linea di chitarra condita da degli azzeccati arrangiamenti di basso e batteria. Veramente perfetta la parte centrale, più lenta del resto, sulla quale la voce riesce a creare delle trame veramente notevoli. Con la successiva "Curtains" si torna a premere sull'acceleratore e per quanto possibile sulla follia. La canzone parte con un riff thrash abbastanza veloce seguito da un verse black con Vintersorg che prima canta in clean vocals per poi diventare notevolmente più cattivo sul rallentato bridge. Dopo il secondo verse ecco spuntare uno stacco pianistico molto bar anni '50 (che sarebbe il ritornello) con una parte vocale che sembra concepita (e cantata) da un folle. A seguire ecco un pezzo più oscuro sostenuto dalle chitarre con un ottimo e curatissimo lavoro al basso (notare gli slap presenti nella seconda parte del pezzo) sul quale ecco far capolino anche l'ottimo growl di Vintersorg. Dopo una ripresa (allungata) del ritornello il pezzo scivola verso la strumentale "Artifacts of Chaos" che riprende la atmosfere dell'intro. Il compito di chiudere l'album è affidato all'acustica "Epilogue Metalogue - Sharpen Your Mind Tools" che sorprende per la sua semplicità (infatti ha una struttura normale (strofa-ritornello-strofa-ritornello) senza strani arrangiamenti) e per l'ottimo lavoro (come sempre del resto) di Vintersorg dietro il microfono.
Con questo disco il gruppo si è dimostrato all'altezza delle aspettative, riuscendo ad andare oltre rispetto al precedente, creando indubbiamente un album particola, unico.
Tecnicamente parlando la prova dei musicisti è più che ottima, senza sbavature. In particolar modo si può notare un maggior affiatamento tra Asgeir Mickelson e Steve DiGiorgio che creano una sezione ritmica superlativa e fantasiosa. Ottimo anche il lavoro alle chitarre di Vintersorg e Mattias Marklund (che stupisce sia per il notevole miglioramento tecnico (non che ce ne fosse bisogno comunque) e per la bellezza dei suoi soli) sia in fase solista che in quella ritmica.
Comunque è innegabile il fatto che il punto di forza della band risiede nella voce unica di Vintersorg che si dimostra ancora una volta capace di fare veramente qualsiasi cosa.
Recensione di Simone Bonetti
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