Probabilmente non tutti sono al corrente della pubblicazione di questa nuova release targata Iced Earth, il seguito di quel
"Framing Armageddon (Something Wicked Part 1)" che non ha riscosso il successo che Jon Schaffer e compagni speravano.
L'eccessiva vicinanza del precedente disco, che a visto alla voce per l'ultima volta lo sfortunato Tim Owens, un settembre
ricco di novità tra cui Motorhead, Metallica e altri big del metal, rischiano di far passare in sordina questo nuovo "The
Crucible of Man (Something Wiched. Part 2)", il seguito appunto di "Farming Armageddon".
A pochi mesi di distanza band e label cercano di correre ai ripari, il disco è uscito davvero "troppo vicino" alla
precendente release quasi a voler cancellare il più velocemente possibile questa nera parentesi (parlando di vendite ma non
di qualità del disco) e voler riprendere il tutto da quel 2002 prima dell'annuncio della dipartita di Barlow.
Ovvio, ormai il nome e soprattutto la particolare voce del singer sono legati indossolubilmente a quello dell'act U.S.
E allora ecco che nasce "The Crucible of Man", titolo a mio avviso azzardato, perché se è vero che si vuole rimuovere
rapidamente il discorso "Farming Armageddon", probabilmente dar vita ad un "Something Wiched pt 2." non è stata una mossa
arguta. Se la matematica non è un opinione ad un part 2 segue per forza di cose il part 1.... ecco quindi i conti non
tornano.
Torna invece tutto quanto quando passiamo all'ascolto vero e proprio del disco. Torna l'inconfondibile riffing di Schaffer
(ma quello fortunatamente non se n'è mai andato) torna invece per la gioia dei nostalgigi il tanto amato vocalist rosso crino
Mat. Decisamente in forma, come se in tutti questi anni non avesse mai smesso di cantare, come se si fosse trattato di un
sogno, e ora si torna alla realtà, si riprende da dove il tutto si era bruscamente interrotto.
Il disco in sé non è sicuramente quanto di meglio la band abbia mai inciso, il vero "Something Wiched This Way comes" resta
ancora la massima espressione degli Iced Earth e forse non verrà mai ne raggiunto ne bisssato.
Eppure molti spunti interessanti si ritrovano in questo disco, nulla di epocale o innovativo, semplcemente il tutto suona
dannatamente Iced Eart!
Ecco quindi un lavoro che ogni fan farà sicuramente suo, sempre che la promozione riesca a far breccia nei metal heads
letteralmente sepolti dalle uscite di questo autunno infuocato... altro che terra ghiacciata!
Recensione di Paolo Manzi
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