Come il falco pellegrino che ogni anno torna a nidificare nello stesso posto anche i falconieri svedesi tornano regolarmente, anche se non tutti gli anni, con un disco tutto nuovo.
Fautori di un power metal variegato e ricco di influenze che anche in questo nuovo capitolo non mancano di certo.
Si passa infatti da riff pesanti ereditati da un passato, quello dei Mytothyn che non sempre si è rivelato comodo, che emerge sempre più prepotentemente album dopo album. Non mancano elementi folk specialmente nei brani cantati in madrelingua, che in questo disco non si limitano ad un misero episodio, ma prendono invece sempre più piede rivelandosi anche tra i pezzi meglio riusciti di tutto il lavoro.
Non sono da tralasciare i guitar solos, heavy e massicci che si alternano alla calda voce di Mathias Blad, che anche in questa occasione offre una prova magistrale.
"Among Beggars and Thieves", il disco in questione, è circondato da un alone di mistero dove un brano potente come l'opener "Field of Sorrow" trova spazio per un ritornello da ballad, dove una "Vargaskall" può passare da un'apertura di chitarre black che si alternano per tutto il disco a passaggi e strofe in pieno stile power, il tutto senza sembrare ne pacchiano ne fuori luogo. Allo stesso tempo stupisce la presenza di una "Mountain Man" arrichita da strumeti folk come il Buzuki, voce femminile e chours che cercano di ricalcare "Bohemian Rhapsody" dei Queen.
Tutto si può dire tranne che questo nuovo lavoro manchi di sorprese e innovazione, dopo il debut sicuramente il miglior disco mai concepito dai Falconer.
Recensione di Paolo Manzi
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