Pubblichiamo per la release in questione una doppia recensione, due diversi modi di vedere la musica dei Rosae Crucis attraverso le parole di due critici provenienti da realtà e background differenti.
Un demo risorta dalle memorie dei defenders, questo “Il Re del Mondo”, originarimente pubblicato dai Rosae Crucis nel 1992, ripubblicata oggi dalla Jolly Roger Records, impegnata nella sua sfida di supporto al metal in lingua madre.
Rispetto al demo primordiale, le canzoni sono state riregistrate e prodotte con un suono che ne restituisce doverosamente la carica metallica, rivestita com è di aggressività e di fascino mistico e iniziatico.
La musica della band possiede tratti particolari, suggestioni diverse perfettamente amalgamate in una cornice di battagliero epic metal, devoto a Manilla Road Manowar e Doomsword, in cui s'inseriscono concessioni al doom e al power-thrash.
Un'atmosfera mistericamente affondata nel Medioevo nelle temibili verità dei primi secoli della Chiesa Romana fa da sfondo ad otto composizioni certo di non immediata comprensione, ma non per questo meno attraenti. La perizia tecnica dei musicisti e il loro ben constatato mestiere danno vita a canzoni ricche di cambi di tempo, sferragliate chitarristiche di estremo impatto, dichiarazioni corali maestose, ritmiche grondanti di sudore e performance individuali di grande caratura, benché talvolta nascosta sotto l'opprimente violenza d'assalto del combo romano.
La cadenza minacciosa di “Sacrem Reformationem” non lascia dubbi circa i futuri sviluppi del full lenght, resi evidenti dal roccioso velocismo di “Rosa Croce” non meno che dalle chitarre spigolose de “La Chiesa”, potente vetrina della versatilità della band. L'invincibile batteria di Pietro Aironi domina l'oscura “Contro il mio destino”, sovrastata dall'interpretazione efficace di Ciape, da chitarre maliarde e schiaccianti, trionfante nel vittorioso chorus.
La perversa “Il Signore delle Tempeste” traina il disco nelle eroiche note de “La Sacra Corona” vero campo di battaglia di ogni singolo musicista, dove ognuno di loro si rende protagonista dietro gli scudi di una canzone penetrante come nebbia d'Inghilterra.
“Il Re Del Mondo” si fa carico di sintetizzare in un'unica vetrina la singolarità della proposta dei Rosae Crucis, mentre la cover di Angelo Branduardi “Ballo in fa# minore”chiude il sipario sull'attraente e metallica cerimonia.
Questa antologia arcana offre la possibilità non soltanto di supportare una scena che chiede il rispetto della propria nazione, ma soprattutto l'occasione di conoscere nel migliore dei modi una band italiana più che meritevole.
Marco Priulla
Voto: 7
Il merito che va sicuramente riconosciuto alla Jolly Roger e ai laziali Rosae Crucis è quello di volersi rimpossessare di quel filone epico e di quelle tematiche risalenti all’antica Roma ed alla Magna Grecia, che i cari amici nordici, tedeschi, inglesi e anche gli americani ci hanno indebitamente sottratto per creare un genere, l’epic metal, senza averne la patria potestà. Fatta questa premessa quanto esce dal disco “Il Re del mondo” della band romana non è nient’altro che uno stantio metal epico assolutamente inutile ed indesiderato almeno dal sottoscritto.
Nulla da dire sulla perizia dei musicisti e sulla bellezza di alcuni tratti strumentali, ma in tutta onestà…queste canzoni suonano piu’ scontate di un cd degli Iron Maiden…ed è possibile suonare la canzone con qualsiasi strumento dopo il primo ascolto o anche durante questo. L’orecchiabilità è una cosa, la prevedibilità un’altra.
E trovarsi a dire “ecco, ora Mi, poi Re poi Do” non è di certo sintomo di commercialità, ma di scarsa ispirazione, talmente scarsa che la prima canzone viene ripetuta per ben due volte sul cd! (ovviamente un errore). Cosa faccio, continuo? No dai, basta. Finiamola qui. Ah, l’ultima canzone è una cover di Branduardi…
Riccardo "Rik" Canato
Voto: 4
Recensione di Riccardo "Rik" Canato & Marco Priulla
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