Eccolo il successore del magnifico “Nightmares Made Flesh”, dove vedeva membri del calibro Peter Tägtgren (Hypocrisy, Pain) alla voce, e “l’uomo orchestra” e i suoi innumerevoli progetti, Dan Swanö alla chitarra. Costretti ad abbandonare per gli ultra impegni in terra nordica, in questo “The Fathomless Mastery” si vede il ritorno di Mikael Åkerfeldt (Opeth, ma qui decisamente in altro contesto..), presente infatti già nel primo “Resurrection Through Carnage”, di qualità decisamente minore ai successivi due full-length. Questo terzo lavoro della band, nata come un progetto di “swedish all stars”, di cui ne fanno parte membri dei sopra citati Opeth, Katatonia e Diabolical Masquerade, è decisamente di ottimo livello, sopra ogni aspettattiva, cercando di uscire un po’ dalle tanto rinomate sonorità death svedesi, e andando a cercare un sound d’oltre oceano, alla Morbid Angel per intenderci, sperimentando qualcosa di nuovo per la band e, direi, riuscendoci alla grande, ma sempre e comunque rimanendo ben inchiodati alle loro radici della tanto amata patria. Il risultato è un death metal con le palle, dove la migliore tecnica non manca sicuramente, ferocità e malignità si uniscono, e dove a tratti prendono pausa riff così cadenzati da perdere decisamente la testa in headbanging! Decisamente convincente il lavoro dietro il microfono di Mikael, e non da meno sicuramente anche quello degli altri membri.
Spiccano brani come l’opener “At the behest of their death”, la pesantissima “ Mock the cross” terminata con una inquietante campana a morte, la tecnicissima “Iesous”, “Hades rising” dove alla fine si concedono un’eccezionale lavoro di chitarre creando una profonda melodia malinconica e la conclusiva “Wretched human mirror” con una struttura che si avvicina quasi al sound slayeriano più estremo.
Sicuramente uno dei migliori album del genere in questo 2008, ma l’idea di un tour non so se gli passerà per la testa, ma l’esibizione in qualche festival estivo del 2009 penso e spero proprio che lo concederanno ai tanti e non pochi fan.
Recensione di Flavio Castagnoli
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