In uno dei più grandi capolavori del cinema italiano il genio veniva definito come “ fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione.”. Per quanto scomodare un classico senza tempo sia sempre rischioso, è d’obbligo ammettere che quel vecchio balordo di Peter Tagtgren è riuscito a rientrare in tutte le categorie elencate dal “Perozzi” di Amici Miei II. La velocità di esecuzione fa sì che “Cynic Paradise” arrivi solo un anno dopo quel “Psalms of exctincion” che ha permesso al side project del leader Hypocrisy di conquistarsi una nuova fetta di pubblico ed un importante tour con i Nightwish. E proprio dai Nightwish arriva l’intuizione di Peter: su “Cynic Paradise” la bella e brava Annette Olzon offre la sua prestazione su due tracce: “Follow Me” e l’ultima “Feed Us”, dando ancora più peso e popolarità ai brani (solo io noto una tremenda somiglianza vocale con Cristina Scabbia?!). Con la fantasia Peter dimostra di sapere contaminare le proprie influenze con qualsiasi genere musicale: ritornelli catchy, powerpop, potenti, con l’elettronica a supporto di chitarre pesantissime fanno sì che questo disco non possa passare inosservato agli occhi di nessuno. “I’m going in” è un brano lanciato, dal ritornello power, ottimo sia come opener per il disco che per i prossimi live della band. “Monkey Business” è semplicemente potente, mentre “Follow Me” è destinata a fare parlare di sé soprattutto per il già citato duetto con la singer dei Nightwish. Tuttavia è “Have a drink on me” che mette in mostra il genio del compositore svedese: intro affidato al blues più sporco prima di esplodere nella folle violenza che caratterizza il progetto (vivo ormai da più di un decennio). “Don’t Care” è sicuramente il brano più pesante e dal vivo causerà non pochi atti di follia tra il pubblico con i suoi riff devastanti ed un drumming diretto ed incalzante. “Reach Out and regret” rimanda nei riff al migliore Mar1lyn Man5on dei tempi d’oro , con un cantato maledettamente pop ’80. La conclusiva “Feed Us” offre un intro di piano da brivido, prima di esplodere in un riff prettamente metal ed in un ritornello in levare davvero ben fatto. La verità è che recensire questo disco è veramente difficile: ci si trova di fronte ad un genere catalogabile come “industrial/alternative metal” ma che in realtà spazia dal death metal ai Depeche Mode passando per la dance, il rock, il power – assecondando l’infinita varietà di registri vocali di cui dispone Tagtgren. Non ci resta dunque che dire “Bravo Peter!” perché dagli Hypocrisy ai Pain ai Bloodbath, fino ai lavori come produttore ha sempre sfornato dischi validi, sentiti e frutto di un suo modo di concepire l’arte e di vivere interamente per questa. Sono lontani i tempi in cui dichiarava di scrivere il materiale per gli Hypocrisy di notte, svegliandosi di sobbalzo ed impugnando una chitarra acustica ed un registratore scadente, ma quello che rimane è la particolarità di un’artista in grado di affascinare i più scettici e i più oltranzisti dei vari generi musicali. Il primo appuntamento è nei negozi per l’uscita di “Cynyc Paradise” il 31 ottobre. Il secondo è il 14 febbraio all’Alcatraz. E’ San Valentino: trascinate a forza anche la vostra ragazza, le atmosfere elettroniche e perverse che scandiscono la musica dei Pain non le faranno certo rimpiangere la cenetta a lume di candela e il cinema coi film di Muccino.
Recensione di Riccardo "Rik" Canato
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