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recensione

La concezione musicale di questo album è senza dubbio particolare in quanto l’idea di base dell’olandese Arjen Anthony Lucassen, il creatore del progetto Ayreon, è quella di creare una “rock opera”, ossia una composizione su modello dell’opera classica ma rivisitata in chiave rock; il termine “rock” è il più adatto a descrivere quest’opera non convenzionale, parlare di “metal” sarebbe esagerato per la maggior parte delle sonorità che si incontrano nell’album; in realtà alcuni passaggi sono puramente “heavy”, ma quest’opera (e questo è sicuramente il suo pregio) racchiude innumerevoli stili musicali: si spazia dal folk al prog metal, con tratti di rock sinfonico, e la presenza di sintetizzatori e tastiere elettroniche, in alcune parti, dà vita a veri e propri brani “psichedelici”; sono sicuro che l’uso dell’elettronica potrebbe far storcere il naso agli ascoltatori più “puristi” ma secondo il mio parere personale si adatta perfettamente alle sensazioni che l’autore vuole trasmettere a chi lo ascolta. Le sinfonie presenti sono ben strutturate, raffinate, con la presenza di innumerevoli strumenti, tra cui flauti e violini, che creano intrecci melodici davvero appassionanti e raffinati. Da sottolineare dal punto di vista compositivo che tutte le musiche sono state scritte da Lucassen, il quale nella registrazione si cimenta nelle parti di chitarra (acustica ed elettrica), di basso, di tastiera e sintetizzatore, esprimendo al meglio la propria abilità polistrumentale. Oltre ad essere un collage di generi musicali, quest’album è anche frutto della collaborazione di molti artisti (da segnalare James LaBrie - Dream Theater e Mikael Åkerfeldt – Opeth), che prestano la voce ai vari personaggi dell’opera, interpretando ruoli che non sempre sono persone fisiche, bensì sensazioni. La storia narrata in questo album è un vero e proprio viaggio nella mente umana, la mente del protagonista ( interpretato da James LaBrie): un uomo di successo, senza scrupoli, che finisce in coma in seguito ad un incidente stradale; questo stato di coma lo isola dal mondo che lo circonda ma gli fa rivivere alcuni avvenimenti della sua vita, facendogli fronteggiare le sue paure, il suo dolore, il suo orgoglio, il suo amore e la sua passione, tentando di farlo riflettere sui suoi comportamenti passati mentre al fianco di quel letto di ospedale ci sono i suoi familiari che esternano le loro sensazioni, i loro legami nei suoi confronti. Il risultato di questa situazione è un continuo dialogo, un intreccio di discorsi diretti fra i vari personaggi e un variare continuo di sensazioni, di emozioni, di atmosfere, che vengono interpretate e rese meglio tangibili dai vari generi musicali presenti. I pensieri e le sensazioni del protagonista ci vengono pian piano svelati nel susseguirsi dei venti giorni in cui si svolge la vicenda, aggiungendo ogni volta un tassello in più al puzzle che, una volta completo, lo porta a prendere una decisione fondamentale per la propria vita. Nel complesso quest’album è affascinante sotto molti punti di vista, a partire dall’idea di base (la creazione di una “rock opera”) e denota una grande capacità compositiva da parte di Lucassen che riesce a mescolare gli svariati generi musicali presenti in maniera sapiente per dar vita ad atmosfere uniche. Ed affascinante è anche la prova delle innumerevoli voci presenti che interpretano “recitando” i vari personaggi sostenendo così la struttura musicale dell’opera, consigliata a chi sa apprezzare le sperimentazioni ma decisamente sconsigliata a chi non accetta compromessi quando c’è di mezzo l’heavy metal.

Recensione di Diego Benetti

tracklist

1. Day One: Vigil
2. Day Two: Isolation
3. Day Three: Pain
4. Day Four: Mystery
5. Day Five: Voices
6. Day Six: Childhood
7. Day Seven: Hope
8. Day Eight: School
9. Day Nine: Playground
10. Day Ten: Memories
11. Day Eleven: Love
12. Day Twelve: Trauma
13. Day Thirteen: Sign
14. Day Fourteen: Pride
15. Day Fifteen: Betrayal
16. Day Sixteen: Looser
17. Day Seventeen: Accident?
18. Day Eighteen: Realization
19. Day Nineteen: Disclosure
20. Day Twenty: Confrontation