Ci sono album che ascoltate due canzoni (e sto esagerando) sai già come andranno a finire, ci sono album invece che assolutamente non hai idea di cosa ti potranno proporre il secondo dopo. Certo, le certezze dei primi li rendono più facilmente orecchiabili, ma grazie al cielo, esistono anche gli altri. “Archangels in Black” è assolutamente da inserire nella seconda categoria. Gli Adagio sono i fratelli malvagi dei Dream Theater. Il loro prog metal è affogato in tinte fosche e malvagità che prende forza dalle atmosfere cupe che riesce a creare.
Questo, che è il loro quarto album, si apre in modo quantomeno eclettico: riff di chitarra solo dalla cassa sinistra, di colpo un rapido rugnito a destra e via con con l’extreme metal. Rapida e violenta che potrebbe sembrare un pezzo dei Dark Lunacy, “Vamphyri”, questo il titolo della opener, si ferma di colpo per lasciare spazio a una suite di pianoforte tanto malinconica quanto inaspettata. Completamente diversa è, invece, “The Astral Pathway” dove la voce di Christian si fa più nasale e viene lasciato un ampio spazio per un dialogo tra chitarra e tastiera su una base molto più vicina al power metal rispetto a prima. Davvero inquietante è l’intro di pianoforte di “Undead”, forse la canzone più bella del disco, che si intreccia poi una con sperimentazione sia di voce che di tastiere veramente all’avanguardia.
La title track potrebbe essere benissimo la colonna sonora di un film dell’orrore splatter (e possibilmente con gli zombie): campane funebri sono circondate da un’orchestrazione tetra che sfocia poi in una composizione complessa ma ben orchestrata che un intreccio di voci e tastiere sotto la chitarra di Stephan Forté. Il disco continua a stupire per il continuo cambio di registri stilistici e con canzoni dalla lunghezza estremamente variabili, spicca nella seconda parte dell’album “Twilight At Dawn” che ricorda vagamente la pazzia compositiva di King Diamond tanto si alternano scariche rapide di batteria e inquietanti suite orchestrate.
Gli Adagio sono riusciti ancora una volta a creare un album davvero particolare che, certo non piacerà a tutti vista la sua complessità, ma la strada per la gloria non passa certo dal fare album fotocopia. “Archangels in Black” è qualcosa che è davvero difficile da classificare e che assolutamente non cade nella ripetizione. Speriamo passino con un tour anche dall’Italia.
Recensione di Tommaso Bonetti
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