A tre anni dall'uscita dell'ottimo debut "In Tenebra" tornano i bergamaschi Aleph con un secondo lavoro creato con l'intento ambizioso non di bissare ma bensì di superare il loro disco d'esordio.
Intento ambizioso ma centrato, forti di una crescente maturazione artistica, Dave Battaglia, Manuel Togni e compagni danno vita ad un lavoro articolato, oscuro ed emozionante.
Le tenebre vengono esplorate, anche in questo caso, in lungo ed in largo sia dal punto di vista sonoro che delle liriche.
Tempi dilatati grazie alla ripetizione quasi ossessiva di riffs di chitarra e tastiere dai richiami settantiani accompagnano nel corso di otto tracce una voce lugubre e tormentata.
Una base thrash che riesce con grande naturalezza a sfociare ora nel death ora nel dark (quello degli ultimi Moonspell) impreziosendo il tutto con autentici sfoggi di tecnica progressive.
In fatto di articolazione, complessità e varietà nei vari brani gli Aleph si accostano ai norvegesi Enslaved. Entrambi eploratori di nuovi orizzonti sonori grazie all'utilizzo di molteplici influenze. Un esempio? "Chimera" brano diviso in due differenti momenti: "In the woods of Myself" e "Seven Steps of Stone".
Inutile soffermarsi sulle indubbie doti tecniche di ciascun musicista come sulla qualità del disco che può vantare una produzione da major grazie ad una registrazine altamente professionale, cui è seguita una fase di mixaggio presso i prestigiosi Underground Studios in Svezia.
"Seven Steps of Stone" è un disco che brilla di luce propria, un album che si candida ad essere il nuovo disco rivelazione del nostro paese...
Recensione di Paolo Manzi
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