Da discreti compositori che furono oramai gli Hatesphere sono diventati semplicemente dei buoni esecutori di se stessi, già perché dopo lo stravolgimento della formazione, che vede come unico membro fisso il songwriter Peter Hansen, i danesi se ne escono con questo “To The Nines”, un album fiacco, scontato e che di certo non verrà ricordato negli albi della musica estrema.
Dopo aver buttato l’occhio alla simpatica copertina è la titletrack ad aprire le danze e qui ci tornano in mente le parole del buon Pepe, che descrisse il suono di questo nuovo disco come puramente Hatesphere style, ed infatti è cosi, brano veloce caratterizzato dal riffing delle chitarre di scuola Gothenburg, a tratti sembra quasi di sentire i fratelli Björler all’opera. Buona la prova del giovane nuovo singer Joller, che dimostra di avere buone potenzialità, destreggiandosi tra scream e growl in maniera ottimale, unica pecca la personalità ancora assente ma è lecito dargli del tempo.
Nel complesso l’opera risulta abbastanza noiosetta, pezzi come le tiratissime “Cloacked In Shit”, “Even If It Kills Me” e l’ottima “The Writing's On The Wall” sono delle oasi in mezzo a un deserto sconfinato, quest’ultima veramente degna di nota grazie ai suoi cambi di tempo riusciti e alle ripartenze della coppia d’asce che riescono a miscelare con molta maestria riff potenti ad altri più melodici, non vediamo l’ora di poterla sentire dal vivo insieme alle altre tracce salvabili. La parte finale è veramente da suicidio, non si riesce proprio ad ascoltare, non tanto per la cattiva musica quanto alla banalità dei brani proposti che passeranno sicuramente inosservati nelle setlist delle esibizioni dei danesi.
Una manciata di minuti non sono sufficienti per dare buoni voti ad un album e purtroppo “To The Nines” di minuti coinvolgenti ne ha davvero pochi, ma ci sentiamo comunque di promuovere in maniera politica gli Hatesphere, se non altro per il buon lavoro di chitarra e le premesse di Joller. Solo per fans sfegatati.
Recensione di Thomas Ciapponi
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