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recensione

Ho aperto gli occhi, e mi sono reso conto ora, di essere sempre stato qui, seduto, ma con il corpo immobile ed inerme, mentre la mia mente, estasiata da nuovi suoni, è volata lontano, e sono solamente al primo ascolto, di questo disco, che mi ha gia rapito, nonostante la sua complessità, ho quasi paura a rifare questo viaggio sonoro, perché so che al prossimo ascolto mi rapirà con una maggior violenza, ma allo stesso tempo sento gia la mancanza di queste melodie, che sono gia divenute parte della mia esistenza. I Pain of Salvation, non fanno musica che ci si possa limitare ad ascoltare, ascoltare quando si corre con una macchina su una strada che si perde all’ orizzonte, non si possono ascoltare in sottofondo in un locale mentre si beve qualcosa, e nemmeno quando si sta lavorando o svolgendo mansioni domestiche, i Pain of Salvation vanno realmente ascoltati, per poter lasciare, che il flusso, generato dalla loro musica ,ci passi attraverso, e lasci dentro di noi, tutte le sfumature, di quello che ogni singola nota vuol significare, impegnati nell’ ascolto e nella lettura dei testi, per poter vivere, e apprezzare, la classe di una musica creata davvero dal cuore, vista la profonda personalità del gruppo e l’ originalità della proposta ,dall’ alto valore tecnico ed espressivo. Il disco, o forse sarebbe meglio dire il viaggio, questa volta si presenta davvero atmosferico, ci sono molte parti di parlato, che servono ad introdurre l’ ascoltatore all’ interno di un elaborato concept, lo strumento, che sembra aver maggior spazio, per creare la giusta ambientazione, è la tastiera , ma la grossa novità, importata dal combo scandinavo, è sicuramente ,la presenza di parti orchestrali e folkloristiche, che colorano, la dove l’ atmosfera potrebbe raffreddarsi, i passaggi altamente tecnici di tutti i musicisti. La prestazione di Daniel Gindenlow è come sempre a livelli altissimi, a volte, la sua voce, è capace di trasportare, tra una fitta nebbia di sensazioni, sino a togliere il respiro ,per poi esplodere in vocalizzi soavi che subito sciolgono le nubi e fanno sentire il calore, di un sole fatto di un compatto e delicato muro sonoro, e ci si immagina di correre, vicino al sole, perché le chitarre, che prima ci sbattevano violentemente e con ritmiche davvero serrate, si sono azzittite e hanno lasciato spazio ad un pianoforte, poi a dei violini e violoncelli, poi è la volta dei fiati, flauto, oboe, clarinetto, e poi nuovamente le chitarre e i vocalizzi che ormai ci hanno rapito e siamo parte di questo Be. Ho ammirato ogni singolo passo di questa band, li ho sempre visti crescere e soprattutto osare, credere in un continuo e positivo sviluppo, e ad ogni uscita discografica una sorpresa e un passo avanti senza mai copiarsi e con un proprio marchio, ma credo che mai come in questo Be, i Pain of Salvation abbiano saputo coinvolgere emotivamente l’ ascoltatore, le melodie in qualche caso molto complesse sono padrone dell’ intero lavoro, un disco che va inserito nel lettore e vissuto traccia per traccia , cosi come i testi, che lascio a chi diverrà parte di questo viaggio e non voglio commentare, anche perché, ogni parola mi sembrerebbe superficiale di fronte al loro messaggio e alla loro profondità, andrebbero letti mentre Daniel li urla al cielo per un messaggio che può servire a non limitarsi ad ascoltare la gente che sa parlare, ma le emozioni che ci possono arrivare.

Recensione di Davide Magatelli

tracklist

1. Animae Partus
2. Deus Nova
3. Imago
4. Pluvius Aestivus
5. Lilium Cruentus
6. Nauticus
7. Dea Pecuniae
8. Vocari Dei
9. Diffidentia
10. Nihil Morari
11. Latericius Valete
12. Omni
13. Iter Impius
14. Martius / Nauticus II
15. Animae Partus II