Il terremoto in casa Arsis sembrava non volervi più fermare, prima i continui cambi di line-up, poi la malattia di James Malone, mastermind e unico componente fisso dalla nascita della band, tutto sembrava andare per il verso sbagliato. Poi l'annuncio di una nuova formazione, la guarigione di James e la ripresa dei lavori, fino ad arrivare all'annuncio di "Starve for the Devil" , quarto disco per uno dei gruppi emergenti sul quale mamma Nuclear Blast ha puntato maggiormente negli ultimi anni. Per chi ancora non conoscesse la proposta potremmo riassumere il tutto definendolo technical melodeath, le composizioni degli Arsis si basano infatti su una base di metal melodico farcito da passaggi tecnici più vicini alla scuola moderna di gente come Obscura e Decapitated che a quella dei grandi maestri. Premettendo che personalmente non ho mai comunque capito granchè l'utilità di una band del genere, questo nuovo capitolo discografico mette in luce le evidenti difficoltà che i ragazzi della Virginia hanno quando si tratta di accantonare la tecnica per dare libero spazio alle melodie dei riff di chitarra. La prima parte dell'ascolto è al limite dell'osceno, quattro pezzi che nemmeno i Children Of Bodom di "Follow The Reaper" sono riusciti a fare in maniera cosi prevedibile e scontata, melodie senza senso buttate la tanto per fare, cammuffate a volte da hit come appunto il primo singolo "Forced To Rock" o "Beyond Forlorn", aiutate anche da una produzione ultrapompata tipica della casa tedesca. Viene invece ripresa saggiamente la tecnica nella parte centrale, "The Ten Of Swords" non grida al miracolo ma risolleva leggermente l'ascolto, "Closer To Cold" torna invece all'uso massiccio della melodia, stavolta però gestita molto bene e agevolata dalle chitarre ispirate. La veloce e dura "Sick Perfection" lascia il posto a "Half Past Corpse O'Clock", dove la doppia cassa nauseante rovina un riffing tutto sommato accettabile, che ritroviamo in "Escape Artist", episodio non ambizioso ma piacevole. La conclusiva "Sabe Rising" sembra invece ripresentarci gli Arsis di "We Are the Nightmare", che in 3 minuti e mezzo tornano per sollevare leggermente le sorti del disco.
L'impressione è quella di un album di transizione, dove un Malone probabilmente non ancora in piena forma si limita a svolgere qualche semplice compito, sperando in futuro di riaverlo al massimo potenziale e osare molto di più di quanto fatto in questo "Starve For The Devil".
Recensione di Thomas Ciapponi
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