Armored Saint-stop. Nuovo album-stop. Data uscita 16 marzo 2010-stop.
Dovrebbe bastare questo telegramma per suscitare interesse in ogni Metalhead che si rispetti ma, si sa, il tempo è tiranno e, le luci della ribalta non si sono mai accese con violenza sulla testa del Santo Armato, in modo colpevole aggiungo io e, "La Raza" è qui a dimostrarcelo!
Occorre però dire che di US Metal c'è ben poco in questo come back del quintetto di L.A., che arriva con comodo, ben dieci anni dopo il penultimo e molto gradevole "Revelation", ma, quando si è di fronte a cinque musicisti di questo calibro, poco importa il genere proposto.
Addirittura mi sbilancio ad affermare che, se il qui presente "la Raza", fosse stato realizzato tra il '91 e il '95, gli Armored Saint sarebbero di certo stati tacciati di opportunismo e di cavalcare un trend, in questo caso il grunge, filone all'epoca che, nostro malgrado, fagocitò le sfere medio-basse (e in alcuni casi alte!) dell' Heavy, grazie ad un eccesso di visibilità, tutto ciò per dire che i Saints suonano ciò che pare loro più opportuno, non guardando al successo (immeritatamente mai arrivato) o al portafoglio, rendendosi colpevoli esclusivamente di scrivere OTTIMA musica, qualsivoglia essa sia...
Via allora con "Loose Cannon", opener ritmata e dal trascinante refrain, così come dalla ritmica "latina" dell'eterno Gonzo ai tamburi, che prelude ad "Head On", dal riffing che serpeggia durante tutto il mid tempo portante di questa losca traccia.
Non si cala di intensità nemmeno un attimo, infatti "Left Hook From Right Field", dall'intro tipicamente Alice In Chains (NON E' UNO SCHERZO!), diventa pulsante con lo scoppiare del bridge, percorso a pieni polmoni dall'immortale John Bush, in chiaro stato di grazia (dal '83 direi...), sia vocalmente che per la scelta delle linee, possenti e melodiche e di semplice assimilazione.
Uno dei pochi giri in inconfondibile Saint style, è quello della successiva "Get Off The Fence", che poteva benissimo stare su "Symbol Of Salvation", grazie al taglio spezzato che la contraddistingue, con continui cori e controcori ad esaltare un songwriting curato nei minimi dettagli.
Devo confessare che, al primo passaggio (old fashioned come sono!), sono rimasto basito dalla scelta dei ragazzi, che però, con l'andare degli ascolti, mi hanno convinto sempre più a rischiacciare "play again" sul mio lettore, rendendomi in una sola settimana "addicted to La Raza!".
Tornando a bomba sui pezzi, arriva "Chilled", canzone triste e riflessiva, col basso di Joey Vera in primo piano a scandirne l'andamento, il tutto prima della title track, che dall'incipit coi tamburi, non può non richiamare "Tribal Dance", altro grande capolavoro, ancora da "Symbol Of Salvation", decisamente l'album con più punti di contatto con il nuovo "La Raza".
Parte "Black Feet", con la sua acoustic guitar, molto Southern, che caracolla prima dell'ennesimo, eccelso, ritornello, dove Bush esprime tutta la sua angoscia, ma con una punta di speranza, comunicando all'ascoltatore proprio quello che le lyrics dicono, non a caso lui E' uno dei migliori di sempre!
Anche il trittico finale è d'eccezione, ascoltate infatti "Little Monkey", che lentamente si carica e sale con un giro di chitarra accostabile (VE LO GIURO!) agli Offspring, segno che Phil Sandoval e Jeff Duncan, assolutamente si sono sbizzarriti in sede di composizione!
"Blues" è anch'essa tenuta insieme da un riffone-maestro e dai vocalizzi strazianti di Bush, il tutto, guarda un pò, in una vena che con l'Heavy Metal a ben poco a che spartire, anche se, in questo caso si può chiudere un occhio.
L'opera è chiusa da "Bandit Country", scossa elettrica finale, che come dicevo, fa venire voglia di riascoltarsi l'ultima fatica del combo californiano ancora e ancora...
Di certo non un disco per Defenders, "La Raza" potrebbe però gettare un pò di visibilità sugli Armored Saint, sempre che venga promosso a dovere, anche perchè, penso io, negli anni abbiamo visto molte band blasonate snaturare il proprio sound, con fortune alterne,nello specifico se, i metallica (R.I.P.), dopo quasi vent'anni di PORCHERIE, sono sempre più famosi, non vedo perchè un disco ottimamente concepito come questo, non possa dare una spinta al Santo Armato, dategli una chance, ve ne innamorerete e, per 50 minuti circa non penserete all' Heavy Metal!!!
Recensione di Alessio Aondio
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