E' dura la vita di una band italiana, soprattutto quando decidi di darti al metal, in particolar modo
se fai il "botto" con il debut album. Così è stato per i bergamaschi Folkstone che si sono ritagliati
una nicchia (che crescendo d giorno in giorno in maniera esponenziale forse tanto nicchia ormai non è
più) nel saturo mercato della musica italiana.
Il segreto? Un lavoro davvero convincete, un disco che è riuscito a racchiudere in sé l'essenza
dell'heavy metal assieme al meglio del rock Mitteleuropeo e ovviamente allo spirito festaiolo da
taverna delle valli alpine.
Così, dopo aver suonato in lungo e in largo per le varie città, regioni, nazioni, i Folkstone si
ritrovano con l'arduo compito e dovere nei confronti dei fans, di uscire con un nuovo disco almeno
alla pari col predecessore.
Ci saranno riusciti?
In parte sicuramente si anzi quella parte (la parte strumentale) è stata decisamente rivista e
migliorata! La band indubbiamente nel corso degli anni è cresciuta ed ha capito come ed in che
contesto valorizzare questo o quello strumento.
Passaggi quasi black metal di chitarra e batteria compaiono a sprazzi tra cornamuse dal suono nitidi
pulito e ben bilanciato. Non è facile lasciare lo spazio giusto a tutti quegli strumenti ma la post
produzione è sta ottima ed i risultati si sentono eccome! Lo stesso Lorenzo ha iniziato ad esplorare
con la propria voce diversi orizzonti raggiungendo picchi di notevole interesse, e, parer mio, sotto
questo aspetto può ancora crescere.
La parte invece che non ha bissato il vecchio lavoro è quella del Songwriting, completamente
stravolto nelle tematiche rispetto al vecchio disco quindi non particolarmente accostabile a
quest'ultimo.Troviamo testi più seri ed impegnati come nel caso dell'intensa "Frerì" che tratta dello
sfruttamenteo dei bambini nelle miniere, passando per canzoni più personali
Una svolta che si può comunque già intuire dall'artwork dello stesso disco, che richiama l'arte
macabra nata con la peste del '500 lasciando magari un pò di sgomento. Un'artwork come questo lo si
comprende appieno solamente dopo aver ascoltato il disco almeno una volta.
I testi quindi, pur rimanendo parti chiaramente da festa della birra (vedasi "Luppulus in Fabula"), si spostano maggiormente su
tematiche serie, o epiche come nel caso di "Longobardia" o "Terra Santa" dimostrando anche una
cultura storica di un certo spessore.
Ad impreziosire ultimamente il disco vanno obbligatoriamente citate la cover di Branduardi "Vanità di
Vanità" già da tempo presente nella set list live e il remake di "Rocce Nere"
Ci troviamo a questo punto davanti ad artisti completi che possono permettersi di dire quel che
vogliono senza dover per forza dover clonare all'infinito il primo disco per poter vendere qualcosa.
Anzi credo che il successo per i Folkstone sia appena agli inizi e i loro sforzi presto saranno
giustamente ricompensati.
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E qui chiudo, per saperne di più ascoltate "Damnati ad Metalla" e visitate il sito della band costantemente aggiornato. www.folkstone.it
Recensione di Paolo Manzi
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