Dopo l'omonimo e abbastanza deludente album degli Hatebreed e aspettando il fantomatico nuovo lavoro dei Crowbar ritornano sulle scene i Kingdom Of Sorrow. Per chi non avesse avuto modo di conoscerli si tratta di una super band comprendente appunto Jamey Jasta, il barbuto chitarrista Kirk Windstein (in forza anche nei Down), Matthew Brunson e Steve Gibb sempre dai Crowbar e infine Derek Kerswill dai metalcorer Unearth, per un risultato che fonde a dovere le esperienze discografiche di questi musicisti e ottenendo così uno sludge dai forti richiamo hardcore. Se con l'omonimo debutto questa nuova creatura aveva iniziato a raccimolare una piccola schiera di fan, con il qui presente "Behind the Blackest Tears" i nostri puntano davvero in alto, questo grazie all'ottimale produzione a disposizione e la solita gigantesca campagna promozionale attuata dalla sola e unica Relapse Records. A livello qualitativo il contenuto del lavoro non si discosta molto dal suo predecessore, in primo piano troviamo quindi i riff pesanti partoriti da Kirk che come al solito mette in risalto le sue grandi doti da chitarrista ritmico, figlio devoto a Tony Iommi per il suo incedere di puro stampo doom. Non da meno è l'importanza della parte vocale, Jamey oramai non è più un ragazzino e quando viene chiamato in causa sa sempre come catturare l'attenzione dell'ascoltatore, salvo qualche incursione vocale del buon Kirk che rispetto allo scorso disco si fa sentire maggiormente anche in queste vesti, un esempio nel midtempo "From Heroes to Dust", episodio da capogiro. Purtroppo però a penalizzare un album come questo ci pensa il medesimo errore di "Kingdom Of Sorrow", ovvero una leggera ripetitività in certi passaggi, soprattutto nella parte finale dell'ascolto,che, trattandosi di sludge, non facilita di certo molto l'impatto sonoro. Tutt'altra storia invece la zona d'apertura, dove troviamo una manciata di ottimi brani, a iniziare dal ruggito di "Enlightened to Extinction", fenomenale per le sue ripartenze e i chorus melodici, passando per la pachidermica "God's Law in the Devil's Land" fino ad arrivare alla carica della titletrack, che vanta di un gran lavoro ritmico. Più spinta è invece "Envision the Divide". Che non convincono a fondo sono le hatebreediane "Monuments of Ash" e "Along the Path To Ruin", troppo spente e prolisse. Il resto non si discosta molto dal trademark del gruppo, salvo la cadenzata "With Barely a Breath", ottimo episodio che risalta l'anima doom prima e quella hardcore dopo.
Dunque è evidente che sia Jamey che Kirk il massimo lo hanno gia dato, questo con i lavori storici delle loro creature principali, ciònonostante è giusto riconoscere in "Behind the Blackest Tears" e nei Kingdom Of Sorrow in generale una vagonata di musica sincera e coinvolgente per ogni amante dello sludge che si rispetti.
Recensione di Thomas Ciapponi
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