Dopo “The Ballads” e “The Ballads II” arriva il terzo capitolo, realizzato com’è facile capire a scopo puramente commerciale, delle raccolte di ballate realizzate dall’ex chitarrista dei Rainbow.
Quest’album contiene oltre a quelle che dovrebbero essere le migliori ballads dei lavori prodotti nel nuovo millennio, l’inedita “Don’t Say Goodbye”, la versione acustica di “Forever Angel”, traccia che fa parte dell’ultimo “Kings And Queens” (in cui imbracciano la chitarra anche il tastierista Ferdy Doernberg ed il bassista Volker Krawczak), e la cover della canzone dei Rainbow “The Temple Of The King”.
Purtroppo durante l’ascolto dell’album il livello qualitativo dei brani proposti non è sempre eccezionale e il disco diventa alla lunga piuttosto ripetitivo. Si possono comunque citare tra i pezzi migliori “Heartbreaker” e “All The Rest Of My Life”, tratte da “Shadow Zone”(2002), “Sea Of Evil” da “Kings And Queens”(2004), “The Temple Of The Holy” e “The Line” contenute in “The Masquerade Ball”(2000). Si tratta di power ballads di buona fattura, il disco offre ovviamente ampio spazio alle parti acustiche e ad assoli che mostrano bene l’ottima tecnica di Axel Rudi Pell, ma il chitarrista ha nel suo repertorio pezzi sicuramente migliori e neanche la nuova canzone riesce a far recuperare punti al disco.
L’idea dell’ennesima raccolta non si può dire sia molto originale e, nonostante le indubbie capacità del chitarrista tedesco (supportato da un ottimo Johnny Gioeli alla voce), questo non è certo un album indimenticabile, a meno che non siate dei veri appassionati, ed anzi, per aumentare le vendite a questo punto era preferibile pubblicare un best-of, piuttosto che una raccolta circoscritta solamente agli ultimi tre album. In conclusione credo che “The Ballads III” rappresenti un passo falso da parte di Pell, in attesa di sentire il prossimo album (o la prossima raccolta).
Recensione di Marco Manzi
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