Gli “Amoral”, un’ennesima band proveniente dalle gelide lande finlandesi, si presenta al mondo intero con un debut album che è molto più di un semplice biglietto da visita, infatti è, per così dire, “un certificato di garanzia”. Garanzia di vero death metal scandinavo, garanzia di velocità e tecnica ma soprattutto garanzia di soddisfare quel bisogno di furia musicale che le orecchie di molti metalheads richiedono. Ad aprire le ostilità in questi 52 minuti di pure fuckin’ scandinavian death metal ci pensa “The Verge”, intro strumentale che ci fa subito intuire la violenza dell’opera che ci apprestiamo a gustare, violenza che sfocia successivamente in “Atrocity Evolution” il cui riff iniziale, veloce e incalzante ritengo possa istigare chiunque abbia una folta chioma (ma anche chi ne è sprovvisto) a cimentarsi in un irrefrenabile “headbanging”; fin dai primi minuti d’ascolto si capisce che questo è un album duro, violento, che con lo scorrere delle tracce trascina l’ascoltatore in un malvagio vortice in cui regnano le note distorte prodotte dalle due chitarre. A dare il tocco finale alla ricetta di brutalità su cui si basa l’abum ci pensano il singer Niko Kalliojärvi, in grado di produrre un growling profondo ed entusiasmante ed il batterista Juhana Karlsson che detta i tempi con un mix di tecnica e velocità, dando ancor più valore all’opera. Tecnicamente il quintetto non sfigura, avventurandosi in alcune occasioni al di fuori dei binari del 4/4 con molteplici finali di riff “inaspettati” (pause aggiunte o sottratte), così come molteplici sono i cambi di tempo e le parti in controtempo, senza dimenticare poi la massiccia presenza di assoli ad elevato tenore di velocità e tecnica. Proseguendo nell’ascolto del cd, dopo un’apertura mozzafiato regalataci dalle prime due tracce ci si accorge di un calo di velocità nei brani “Silent Renewal”, “Solvent”, e “The Last Round”, in cui l’energia della band ci viene trasmessa tramite riff più lenti, stoppati, pesanti, nonchè da uno spaventoso quanto coinvolgente growling. Per ritrovare quindi i riff “thrasheggianti” pregustati in “Atrocity Evolution” bisogna arrivare a “Other Flesh” e “Distract”, quest’ultima a mio avviso migliore traccia dell’album, peccato duri solamente poco meno di 4 minuti, un vero e proprio concentrato di energia a velocità estrema; la successiva “Nothing Daunted” è il brano più tecnico, in cui i cinque finlandesi danno il loro meglio dimostrando le ottime capacità esecutive di cui dispongono e denotano anche l’ottima fantasia creativa che sta alla base degli intricati riff presenti. A concludere questo album fino a questo momento straripante di ferocia ci pensano due brani un po’ più “tranquilli”: “Languor Passage”, un pezzo strumentale in cui si intravede un accenno di melodicità (ma senza esagerare) e la bonus track “Metamorphosis”, che segue anch’essa un registro più composto, con tempi non esageratamente veloci e riff “rockeggianti” in alcuni tratti, in cui la dose di violenza viene fornita per la maggior parte dal growling che anche in questa occasione si dimostra davvero efficace.
Un album d’esordio che promette bene per il futuro di questa band e per il futuro del death metal scandinavo, continuando così fra qualche anno gli Amoral si affermeranno fra le migliori band europee, ma si sa, dopo un buon album il pubblico si aspetta dalle uscite successive prove sempre migliori… riusciranno in futuro a riconfermarsi? Per adesso pensiamo al presente ed godiamoci “Wound Creations”… più avanti si vedrà.
Recensione di Diego Benetti
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