Arrivano al secondo studio album i Saratan, formazione polacca nata nel 2003 che strizza ben più di un occhio al classico operato dei connazionali Vader, death/thrash senza troppe pretese ne imprese. Proprio la band di Peter Wiwczarek non sta di certo vivendo uno dei momenti migliori della sua storia, l'ultimo "Necropolis" aveva infatti lasciato l'amaro in bocca a molti, forse alquanto stufi di sentire ad ogni uscita i soliti quattro riff rimacinati e mescolati con le diverse salse a disposizione, con soluzioni che si contano sulle dita di una mano, e aimè la mano di dita ne ha solo cinque. Questo per dire che i Saratan traggono la loro fonte di ispirazione proprio da queste ultime imprese dei cugini, in maniera netta dal bagaglio musicale e dalla struttura del disco, nonchè dalla produzione pompata indirizzata a irrobustire il sound per renderlo più rumoroso e "cattivo" possibile. "Antireligion" è dunque uno di quei dischi piacevoli se si va matti di certe sonorità e inavvicinabili per chi tenta di scoprire qualche succulenta novità, in quanto di effettiva novità non se ne vede l'ombra. Nemmeno qualche spezzone moderno e meno old-school riesce a dare un'anima a un lavoro che gia dopo la terza traccia ha gia dimostrato tutti i suoi punti deboli e nessun punto forte concreto a favore, rendendo faticoso il compito dell'ascoltatore di arrivare fino in fondo senza prima essersi fatto un break tra un pezzo e l'altro, magari cambiano completamente artista per andare a rinfrescarsi la mente con gli ultimi ascolti di turno. Come dico spesso, il metal è un genere che nel 2010 ha detto quanto doveva dire, non c'è più spazio per le band cloni, dunque o si dimostra di avere idee e personalità o non si va avanti e nel caso dei Saratan queste due qualità non riesco a vederle neanche al microscopio.
Recensione di Thomas Ciapponi
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