Il progetto che sta alle spalle di questa band è semplicemente terrificante, lo scopo infatti è quello di unire sotto un unico nome esponenti di band già affermate (chi più chi meno) nel panorama del metal estremo, per dare vita ad una spaventosa macchina da guerra, capace di disseminare odio anticristiano come pochi al mondo potrebbero fare, apportando nel frattempo un’ondata di originalità nel settore. Il primo nome che salta all’occhio leggendo la line-up è quello del signor Emperor Magus Caligula, storico frontman dei Dark Funeral, una fra le band che ha fatto la storia del black metal norvegese , il quale sicuramente sa dare quel tocco particolare alla parte vocale che permette ai God Among Insects di elevarsi dalla marea di infiniti gruppi che inseguono il successo senza un’adeguata voce, sia essa in scream o growl. Altro elemento di spicco è il batterista dei Vomitory Tobben Gustafsson, anch’egli con un notevole bagaglio di esperienza, a mio parere colui che influenza maggiormente lo stile musicale dei God Among Insects; il resto della band è composto dal bassista Tomas Eloffson, degli svedesi Sanctification e dal chitarrista Lord K. Philipson colonna portante nei “The Project Hate”. Ora che abbiamo capito tutti di chi stiamo parlando, cerchiamo di definire il genere che questi quattro cavalieri dell’Apocalisse presentano al mondo, soprattutto alla luce dei diversi generi che usualmente suonano nei rispettivi gruppi. Chi infatti come me, dopo aver letto il nome di Caligula nella lune-up, si aspettasse un sacrosanto black metal scandinavo con tanto di face painting, rimarrebbe alquanto deluso dalle sonorità, che sono innanzitutto death metal e per giunta di scuola americana. Le influenze black sono un po’ troppo poche, e peraltro sottomesse allo strapotere dei tempi di batteria che non si scostano minimamente dai canoni dell’american death metal (qui mi rifaccio al concetto che ho espresso precedentemente a riguardo di Tobben Gustafsson), se non in occasione del brano “Wretched Hatching”, quello che a primo impatto risulta più “blackeggiante” nell’album; la disparità è quindi elevata fra i due generi, visto che al solo brano black sopraindicato si contrappongono praticamente il resto delle tracce, in cui è possibile riconoscere solo qualche accenno di black metal. Un album senza dubbio d’impatto, pesante, tirato dall’inizio alla fine, ogni brano è infatti un inno alla distruzione e alla violenza, (per capirlo basta leggere i titoli delle canzoni), concentrate in una durata media di tre minuti e mezzo per traccia, in cui riecheggiano testi che al massimo contano una ventina di parole; tutto è stato fatto per colpire l’ascoltatore, andando dritti al nocciolo della questione, senza fronzoli, senza mezze misure, senza badare a spese (registrato agli Abyss Studios) e il risultato devo ammetterlo non è male, anche se sinceramente mi aspettavo di più alla luce della prestigiosa line-up. Line-up che comunque da sola vale l’acquisto del cd da parte degli appassionati del genere, seppur il risultato non sia dei più esaltanti non so quando ricapiterà di ascoltare band in cui convergono musicisti di cotanta esperienza.
Recensione di Diego Benetti
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