In giro dal 1999, i novaresi Egart arrivano solo oggi al debutto su lunga distanza e, anche se si tratta di un lavoro autoprodotto, si intravedono parecchie potenzialità per il gruppo. Per intenderci, i Nostri viaggiano su un heavy molto duro con tinte epic/black, ma soprattutto in riferimento a ciò che hanno negli anni realizzato i Grave Digger, tramite la voce di Stefano Muccio, a metà tra il buon Chris e Mr. Lordi dell’omonima band. Per carità, non mancano momenti più dolci e melodici, soprattutto durante la seconda metà del disco, ma le coordinate sono grossomodo quelle indicate.
Diciamo quindi che le intenzioni sono buone, anche se il risultato non lo è del tutto. Mi spiego meglio: il fatto di voler creare qualcosa di veramente competitivo a livello internazionale si scontra con la scarsità di mezzi (economici e non solo) tipica di un ensemble giovane e privo di un’etichetta discografica alle spalle. I suoni purtroppo mettono troppo in evidenza voce e tastiere, diminuendo l’impatto fisico naturale di strumenti quali chitarra, basso e batteria. Inoltre il fatto che vengano fondamentalmente privilegiati tempi medio/lenti non dona dinamicità ai brani, rendendoli, dopo qualche ascolto ripetuto, piuttosto noiosi.
Purtroppo gli Egart si pongono in mezzo a due generi: l’heavy metal classico dai tempi cadenzati ed un death metal di stampo old school anch’esso bilanciato sui mid tempo. Il tenere il piede in due scarpe non giova alla musica del gruppo e la rende un po’ troppo forzata e ripetitiva. Per rendere il tutto al meglio va fatto un restyling generale della proposta, con un ragionato cambiamento che porti il bagaglio d’influenze del gruppo ad essere espresso appieno. Come ognuno di noi nella vita si sarà almeno una volta sentito dire da un maestro/professore: potrebbero fare di meglio.
Recensione di Andrea "Thy Destroyer" Rodella
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.