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IQ - "Dark Matter " (Insideout Music /Audioglobe)

Line up:

Paul Cook - Drums and Percussions
Michael Holmes – Guitar
John Jowitt - Bass, Backing Vocals
Peter Nicholls - Lead and Backing Vocals
Martin Orford - Keyboards
 

voto:

6,5
 

recensione

Gli IQ sono una band tutt’ altro che nuova, infatti la loro prima release risale al 1983. La loro ultima uscita è datata 2004 ed è “Dark Matter”.
Subito a partire da “Sacred Sound”, l’opening track si capisce che gli IQ sono un gruppo abbastanza atipico, la voce ricorda vagamente quella dei Placebo, ma il contesto musicale è totalmente diverso, la linea principale dell’accompagnamento è costituita da chitarra e soprattutto organo Hammmond, il risultato è un rock leggero e particolare, con sfumature psichedeliche, le liriche sono trasognate e ben integrate nell’ arrangiamento. La durata del brano però, nonostante l’evolversi del suo tema, che al nono minuto vede una vera e propria svolta, è eccessiva.
“Red Dust Shadow” viene introdotta con un fade in di chitarra acustica, il carattere di questo pezzo è molto diverso da quello precedente, ma non in contrasto, l’arrangiamento è più asciutto e punta alla creazione di un’ atmosfera più intima. L’effetto liquido di una chitarra sovrapposta a quella portante funge da collegamento con il brano precedente. Anche qui il testo è ben scritto, molto malinconico, anche più emozionale dell’ accompagnamento e la linea vocale è appropriata. Il terzo brano “You Never Will” ricorda il primo per l’ arrangiamento forse anche troppo, ma in questo caso è notevole come le strofe abbastanza scontate diano risalto al ritornello (anche se, con un arrangiamento diverso, l’ effetto avrebbe potuto essere incrementato). Interessante il cambio effettuato nel terzo minuto che spezza quella che rischiava di diventare monotonia.
“Born Brilliant”, dopo un’ intro che vorrebbe ricreare un’ atmosfera inquietante, con buoni risultati, comincia quasi come un pezzo degli anni sessanta registrato dalla radio, ma poi si trasforma in un pezzo con svariate componenti di elettronica. Il carattere del brano non è molto dinamico, ma un assolo di chitarra abbastanza particolare (commistione tra funky rock ed elettronica) apre una nuova prospettiva, senza però riuscire a riscattare una composizione tutto sommato sbiadita. Le liriche, come in tutti i pezzi precedenti sono malinconici.
Il disco si conclude con “Harvest Of Souls” titolo non così brillante per inventiva, ma in questo caso il tema è rivisitato sotto una luce nuova. Il pezzo è diviso in ben sei parti e dura la bellezza di 24 minuti, fortunatamente i temi musicali sono variati in modo da rendere sostenibile un ascolto che altrimenti sarebbe angoscioso. La prima sezione è intitolata “First Of The Last”, coerente con il resto del disco, inizia con un accompagnamento acustico piuttosto tranquillo, ma poi, nella musica e nel testo affiora l’ombra di una incomprensione, di un rimorso. “The Wrong Host” accomuna un accompagnamento aperto con liriche ironiche ed amare, che parlano senza molto amore dell’ America e del ruolo che vuole ricoprire come guida del mondo. Il pezzo incrementa lievemente il ritmo per poi distendersi nuovamente in preparazione a “Nocturne” dove ritorna il tema più personale della prima sezione con l’adeguato accompagnamento. La quarta sezione “Frame And Form” è introdotta da un ulteriore climax di tensione prima ascendente e poi discendente, il tema si ricollega a quello di “The Wrong Host” creando una specie di botta e risposta.
La quinta sezione “Mortal Procession” ha un ritmo più cadenzato, che comunque ben si fonde con l’arrangiamento presedente, questa parte spicca tra le altre per peculiarità compositiva. Il tutto si conclude con “Ghost Of Days”, che nonostante il titolo presenta un’ arrangiamento calmo ed aperto, quasi una riappacificazione, il lieto fine di un film, ma ancora una volta le liriche, quasi a mo’ di beffa sono piuttosto dure. Nell’ordito del brano scorre un filo scarlatto che sembra riferirsi all’ 11\9 (… \The hand of God defend America\And who would not defend America\…\Collision on the track\The fiction turning into fact\…\we enter an age of permanent doubt\).
Nel complesso il disco è compatto, ma la varietà non è sacrificata al fine dell’organicità, non è di ascolto semplicissimo, soprattutto l’ultima traccia richiede un ascolto approfondito ed una discreta concentrazione, la produzione è di buon livello e le liriche sono tutte piuttosto impegnate.

Recensione di Lorenzo Canella

tracklist

  1. Sacred Sound
  2. Red Dust Shadow
  3. You Never Will
  4. Born Brilliant
  5. Harvest Of Souls

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