Non ci siamo. Dopo innumerevoli quanto sofferenti ascolti, non sono riuscito a capire le intenzioni di questo trio greco, tanto meno l’idea che sta dietro alla loro musica. Pur lasciando da parte ogni sorta di discriminazione geografica che a volte mi pervade quando ascolto gruppi metal provenienti da nazioni fuori dalle classiche patrie del metallo, pur mettendoci tutto l’impegno possibile, non riesco a comprendere la musica dei Sarissa; che fra l’altro sono dei veri e propri “profeti in patria” con alle spalle una carriera ventennale, nella quale però split e successive reunions hanno portato alla misera pubblicazione di soli tre album, con “Masters of Sin” che segue di ben dieci anni il precedente “Sarissa”, del 1994 appunto. La band definisce “classic epic metal combined with simphonic progressive elements” la propria musica, ma forse sono talmente avanguardisti che l’umanità non è ancora pronta ad apprezzare un genere talmente “innovativo”, il cui ascolto non trasmette alcuna epicità, in quanto i riff proposti non sono per nulla coinvolgenti e la voce incarna la sintesi della banalità. Probabilmente i tre ritengono che per ricreare atmosfere epiche che rimandino ad eroi del passato basti introdurre elementi orchestrali e campionature di spade che vengono sguainate, senza occuparsi magari di scrivere testi ricercati, che possano coinvolgere l’ascoltatore, e di proporre una voce capace da sola di creare l’atmosfera adatta (ogni riferimento ai Doomsword è puramente intenzionale). In realtà ciò che si prova ascoltando quest’album è la continua attesa per qualcosa che scateni quel sentimento di soddisfazione, di piacere, che ci faccia ammettere di aver apprezzato anche solo per un attimo l’opera in questione, ma quel momento non arriva, traccia dopo traccia il cd procede la sua inesorabile corsa senza che nulla attiri la nostra attenzione, senza che le nostre orecchie si rizzino grazie ad un riff, ritornello o strofa che sia, che sappia dissetare la nostra sete di metallo. Il fatto è che sotto sotto si intuiscono le potenzialità che questa band possiede, basterebbe che riuscissero a creare qualcosa di più accattivante che colpisca direttamente l’ascoltatore evitando di tenerlo sulle spine per 46 minuti come succede in “Masters of Sins”, in cui canzoni come “To These Powers (I Swear)” o “Nemesis” scivolano fuori dal nostro lettore senza che neanche ce ne accorgiamo talmente sono prive di carisma e le restanti non riescono a fornire una prova all’altezza della sufficienza. L’inserimento di sperimentazioni prog poi non fa altro che rendere insopportabili alcuni passaggi, di cui è difficile concepire l’intenzione talmente stonano nell’accostamento allo speudo-epic metal che regna nel cd, una sorta di goccia che fa traboccare il vaso riempito dagli innumerevoli pasticci il cui artefice ritengo sia Jim A.D. Selalmamazidis, che si diletta con chitarre, basso, tastiere e chi più ne ha più ne metta. Il giudizio nei confronti di quest’opera è quindi decisamente insufficiente, alla luce sia dell’idea che del risultato, tenendo presente che l’esperienza che i Sarissa dovrebbero avere dalla loro parte non si percepisce affatto in questa prestazione dai tratti amatoriali e che la qualità della produzione e dell’artwork non gioca di certo a loro favore.
Recensione di Diego Benetti
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