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Nomad Son - "The Eternal Return" (Metal On Metal Records/***)

Line up:

Jordan Cutajar: voce
Chris Grech: chitarra
Albert Bell: basso
Julian Grech: tastiera
Edward Magri: batteria
 

voto:

8
 

recensione

Ormai sono passati alcuni mesi dal ritorno dei Cavalieri dell’Ordine del Doom, i Nomad Son dall’isola di Malta, ma mi sembra doveroso incensare un ottimo disco come “The Eternal Return”, di nuovo licenziato dalla prolifica Metal On Metal Records, abile label attiva nell’underground di stampo Heavy Metal ed affini.
Nel quintetto isolano, ritroviamo un’altra conoscenza dell’Epic/Doom, quell’Albert Bell già attivo con gli evocativi Forsaken, giusto per dare le coordinate sia stilistiche che estetiche di quest’opera.
Dopo l’incalzante “The Viglil”, ecco che tocca alla solenne “Sigma Draconis” tirare fuori il meglio dai Nomad Son, a cavallo tra i Candlemass più evocativi e l’oscurità dei Solitude Aeturnus, in questi sette minuti è condensato il meglio dell’ Doom più Epico e “True” che potreste immaginare.
Un ascolto alle arcigne ma assai recitate vocals di Jordan Cutajar per accorgersi che non sto parlando a vanvera, infatti il singer si cala perfettamente nel mood di “The Eternal Return”, intriso di misticità (e malvagità!) a sfondo religioso, il tutto supportato, tra gli altri, dallo splendido accompagnamento dell’organo di Julian Grech, valore aggiunto nel sound dei Nomad Son.
Avere un trademark come la particolare ed aspra timbrica di Cutajar non è una dote da poco, dato che si sta parlando di una band relativamente nuova ma, una volta ascoltata, riconoscibile tra una miriade di altre, aggiungendo anche il basilare particolare di una qualità dalla media elevatissima.
Per i più malinconici non mancano passaggi sofferti ed al limite della pesantezza (concettuale!), come “Comatose Souls”, percorsa da un arpeggio spettrale a cura di Chris Grech, chitarrista a suo agio in ogni aspetto del suo compito, risultando così efficace, tanto negli up tempos di stampo Power/Doom (“Guilty As Sin” su tutte!) quanto nei caracollanti passaggi di brani come “Can’t Turn The Tide”.
Chiaramente i Nomad Son, come da tradizione nel genere, ci regalano la “mini suite”, qui impersonificata da “Winds Of Golgotha”, come intuibile ispirata alla passione di Cristo o, più ampiamente, al suo stato emozionale in quei momenti, raccontato con la tecnica del “narratore onnisciente”.
Passionale ed ipnotica, sfocia nella seconda parte più incalzante, con l’ennesima grande prova di Jordan, una volta di più calato alla grande nella parte.
Difficile tenere alta la tensione dopo una canzone di tale caratura?
Non per i Nomad Son che, con la title track, straziante e dal più ampio respiro, piazzano un ulteriore mattone tra gli otto piccoli capolavori che sorreggono “The Eternal Return”, album del quale è facile innamorarsi ma che, non è altrettanto semplice comporre.
Più classica e fluente la conclusiva “Throne Of Judgement”, che, citando anche passi del profeta Ezechiele, ci riporta alla mente i Trouble dei primi due (IRRIPETIBILI!) dischi, apocalittici e disperati, di modo che, ancora una volta, possiamo rendenderci conto che i Nomad Son non sbagliano un colpo!
Se non l’aveste ancora fatto quindi, il mio consiglio è di correre ad acquistare “The Eternal Return”, che riempirà i calici degli assetati di Doom ma, si farà sorseggiare anche da chi non è avvezzo a tramare nel lato più oscuro dell’ Heavy Metal!


Recensione di Alessio Aondio

tracklist

  1. The Vigil
  2. Sigma Draconis
  3. Comatose Souls
  4. Can’t Turn The Tide
  5. Guilty As Sin
  6. Winds Of Golgotha
  7. The Eternal Return
  8. Throne Of Judgement

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