Immersi nella splendida cornice della Valdichiana senese, zeppa di borghi antichi e natura collinare, i Focus Indulgens, carpiscono le influenze della propria terra natia, traducendole in emozioni Doom/Rock di stampo smaccatamente settantiano.
Ecco che, dopo qualche demo, i nostri trovano nella neonata Doomymood un partner perfetto per promuovere l’oscuro sound che il Fuoco Indulgente propaga nelle sei tracce contenute in “The Past”, del quale sono state stampate cinquecento copie in cd e duecentocinquanta in vinile.
Il trio toscano, ci fa ritrovare al completo la line up completa degli Spartacus, che i più attenti all’underground italico ricorderanno come giovane ma già disciolta Epic band di chiarissima influenza Manilla Road.
In questi solchi (è proprio il caso di dirlo!), pulsa una vena ancor più “retrò”, in un oscuro pozzo sonoro infatti, si possono riscontrare le tipiche influenza Sabbathiane, vedi il riffing funereo di Federico Rocchi e, perchè no, nelle lisergiche aperture presenti nel finale di “Night, Sentence, Silence”, così come richiami ai Black Widow, ben rievocati grazie all’intermezzo di flauto in “The Idol At The Top Of The Mountain” e, per finire, cito obbligatoriamente i Pagan Altar, termine comune di paragone lo “sgraziato” cantico del Castellani che, anche se di differente tonalità rispetto a Terry Jones, si rivela adattissimo nel mantenere quel cupo alone, posto a contraltare delle invenzioni più Progressive del trio.
Non un passaggio a vuoto nel qui presente debut album, infatti, giusto per fare una breve carrellata, sia il vorticoso trip di “Skull Full Of Diamonds” che l’apice horrorifico di “Sacrifice At Satan’s Cliff”, riescono nel loro intento di stupire per mezzi ed originalità, come fatto in precedenza con la più immediata opener “Damnhail!” o con la cover di “Voodoo Child (Slight Return)”, dove, per magia, la pietra miliare di Hendrix, si tramuta in “War Pigs”, tanto per non tradire nessuna fonte di ispirazione, ponendo così la pietra tombale su un disco prezioso e da apprezzare passo dopo passo.
Trovo altrettanto doveroso, dopo i meritati elogi, scrivere che non siamo di fronte alla perfezione, poiché, a mio personalissimo parere, la voce di Carlo “Master” (che, da par suo, come bassista e songwriter se la cava già egregiamente!), potrebbe essere valorizzata ancor meglio, sia in fase di missaggio ma, soprattutto rendendola ancor più emozionale, magari con un pizzico di incisività in più.
Già ai tempi degli Spartacus, pur gradendo la proposta stilistica, riconobbi in loro ampi margini di miglioramento, ecco che, coi Focus Indulgens, devo quindi ammettere che proprio Carlo, Federico ed Edoardo Natalini (batteria), sono riusciti ampiamente in questo compito, trovando una strada tanto affascinante quanto luciferina, per lo meno come lo intendevano i “Signori dell’Oscurità” circa quarant’anni or sono!
Recensione di Alessio Aondio
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