Dalla Georgia, stato del sud-est americano con capitale Atlanta, negli ultimi anni stanno nascendo diverse realtà interessanti in ambito sludge metal come dimostra la marcia trionfale di Mastodon e Kylesa o i lavori degli emergenti Baroness e Black Tusk; non stupisce per tanto l’ingresso in scena degli Zoroaster, band in verità attiva dal 2003, rimasta sino ad ora nel sottobosco underground. “Matador”, il loro quarto disco sulla lunga distanza, è uscito per il mercato americano quasi un anno fa, ma solo ora vede la luce in Europa grazie al prezioso recupero della SPV. Il sound degli Zoroaster è un ibrido diabolico che racchiude sludge metal, doom metal e stoner rock in un viaggio non per tutti, a dir poco allucinante. “Matador” alterna pezzi cadenzati, psichedelici, caratterizzati da un riffing pachidermico come l’opener “D.N.R”, a soluzioni più dinamiche dal retrogusto stoner quali “Ancient Ones” o “Trident” in cui il trio statunitense mostra i muscoli pur non perdendo l’acidità accumulata attraverso composizioni altamente visionarie e per certi versi progressive come la splendida “Odyssey” o la dilatata titletrack finale. Oltre ad offrire un songwriting compatto e continuo gli Zoroaster si fanno apprezzare per una buona dose di personalità riconducibile soprattutto alla scelta dei suoni utilizzati, ben lontana dalle produzioni iper-pulite tanto in voga negli ultimi anni, mirata piuttosto alla formazione di un impasto sonoro in cui la stratificazione delle chitarre e l’aggiunta di massicce dosi di riverberi e delay su di esse sono una costante. Il tocco finale ad un quadro già di per sé molto stimolante arriva dalle vocals ultra-effettate del singer e chitarrista Will Fiore, che sembra recitare una sorta di mantra penetrante in ogni pezzo ad eccezione della strumentale “Firewater”. Il mood ossessivo che gli Zoroaster ci affidano con questo splendido “Matador” potrebbe trovare la resistenza di molti, ma ci auguriamo che la personalità e l’esuberanza di questa band vengano premiate.
Recensione di Teospire
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