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Holy Martyr - "Invincible" (Dragonheart/Audioglobe)

Line up:

Alex Mereu: voce
Ivano Spiga: chitarra
Eros Melis: chitarra
Nicola Pirroni: basso
Daniele Ferru: batteria
 

voto:

8
 

recensione

Tornano dopo tre anni di assenze discografiche i sardi (“naturalizzati” meneghini) Holy Martyr, sempre su Dragonheart, un come back molto atteso dai fans del quintetto isolano, fans sparsi per tutta Europa che, come vedremo, non saranno affatto delusi da “Invincible”.
Va premesso un cambio totale di location tematiche da parte di Spiga & Co., dato che i nostri hanno abbandonato i vari scudi, lance ed elmi al precedente “Hellenic Warrior Spirit”, per dirigersi nella patria del Sol Levante, quel Giappone guerriero che li ha travestiti da novelli samurai dell’ Heavy Metal, con tanto di kimono, katana e trucco da teatro Kabuki.
Anche il sound si fa più aggressivo e dinamico, mantenendo però intatta la componente epica che ne contraddistingue lo stile, proiettando “Invincible”, per chi scrive almeno, nella posizione di “top release” tra le uscite del gruppo, grazie anche al caldo e battagliero groove che avvolge l’opera.
Dopo le doverose anticipazioni, di seguito un track by track che spero risulti chiaro nel voler esplicare tanto l’andamento prettamente musicale dei pezzi, quanto i vari argomenti trattati nelle liriche di questo che, fate attenzione, non è un concept album ma “soltanto” dieci songs concatenate tra loro dalla passione di Ivano Spiga, autore di tutte le lyrics, per la cinematografia e la storia nipponica.

IWO JIMA: Dalla strenua battaglia, combattuta nel 1945 sull’isola omonima del Pacifico, tra americani e giapponesi, un’intro arpeggiata e malinconica che, complice la sua apertura solenne, spiana la strada alla title track.

INVINCIBLE: Esaltata dall’arrembante riff posto in apertura, diventa una “Maidenata” riletta secondo lo stile degli Holy Martyr, nella quale subito si nota la veemenza del “nuovo” approccio, ben retto dalle vocals di Alex Mereu, dai toni più graffianti mai scaturiti dalla sua ugola.
Altro pregio, il refrain incalzante (leitmotiv di tutto il disco) che, dal primo ascolto, si stampa in modo indelebile nella mente dell’ascoltatore.

LORD OF WAR: Ispirata all’eponimo film di successo, uscito nel 2005, la parabola ascendente di un immigrato ucraino negli States (interpretato da Nicolas “faccia da baccalà” Cage) che, da squattrinato, diventa trafficante internazionale d’armi.
L’inizio cadenzato cede immediatamente il passo a ritmiche serratissime, con delle melodie vocali sofferte prima della cavalcata del ritornello, il tutto impreziosito da uno special guest quale Marco Piu, voce degli strabilianti Red Warlock.
Da sottolineare il gran lavoro di Daniele Ferru alla batteria, un vero e proprio fabbro ferraio in divisa da nobile “mallevador di spada”!

GHOST OF WAR: Altro movie a Stelle e Strisce, questa volta racconta le inusuali vicende di un killer della mala, invasato osservatore del Bushido, libro contenente il codice di comportamento dei samurai, attraverso varie peripezie il personaggio si affiderà completamente all’ Hagakure, altro datato manoscritto, descrivibile come la summa degli aforismi delle mitiche figure guerriere giapponesi.
Il pezzo in sé, ben ricalca il dramma interiore di un uomo che vive (con la mente) fuori dalla sua epoca e patria, merito del soffuso arpeggio e del mid tempo di sicura presa e, non da ultimo, un intermezzo chitarristico che non sfigurerebbe nemmeno come colonna sonora della pellicola succitata.
Epica e 100% Holy Martyr style, questa canzone accelera nel finale, tributario di certe soluzioni prima dei consueti Iron Maiden ma, in seguito adottate anche da Jon Schaffer con i suoi Iced Earth.

THE SOUL OF MY KATANA: Piccola grande intro sulla spada ricurva simbolo della casta guerriera del Giappone antico, la preghiera che Alex rivolge alla mitologica arma è ben sottolineata dallo Shamisen (strumento a corde della stessa nazione) suonato da Eros Melis che, ha la funzione di preludere ad un altro brano memorabile.

SHICHININ NO SAMURAI: In italiano “I sette samurai”, capolavoro di Akira Kurosawa datato 1954, film che ha ispirato una pletora più o meno famosa di registi, grazie all’antesignano vigore dietro la macchina da presa nel descrivere il manipolo di eroici guerrieri che, mantenendo fede a ideali puri, vengono convinti a difendere un piccolo villaggio vessato dai predoni.
Anche gli Holy Martyr, sempre a mio giudizio, calano l’asso con questo pezzo, con il basso di Nicola Pirroni che fa bella mostra di sé (e, per una volta, grazie al cielo si sente questo strumento forte e chiaro per tutta la durata del lavoro, un piacere soprattutto se imbracciato da un così preparato musico!), dall’attacco guardingo e narrativo, fino ai bridge mozzafiato ed al ormai “consueto” ritornello clamoroso che ottimamente suggella questa gemma.
La parentesi armonizzata a cura del duo Spiga/Melis, non fa che donare maggiore enfasi al brano, prima che esso termini con l’ up tempo dei solos, seguiti a ruota dall’ ultimo refrain con cambio di aria vocale.

TAKEDA SHINGEN: La prima figura storica realmente esistita presa in esame dall’ act “delle quattro teste di moro” è Takeda Shingen, daimyo (feudatario di alto rango) della provincia di Kai, il quale ebbe a conquistare molti territori circostanti nella sua carriera di condottiero, fino a giungere ad una morte ancora oggi avvolta in un nebuloso mistero.
Dall’intro in lingua madre (incomprensibile anche dopo le mie piccole documentazioni, sorry!), al via stoppato, passando per queste ritmiche veloci ed iperclassiche, “Takeda Shingen” potrebbe essere vista come la “Warmonger” del 2011, con un ulteriore chorus da urlare a squarciagola e la seconda, graditissima, comparsata di Marco Piu.
Di nuovo si staglia possente la figura di Daniele Ferru, che, come un treno spinto ad alta velocità ma impossibile da far deragliare, pesta sodo anche nello stralcio Epic prima degli assoli, nei quali vien coinvolto anche Mr. Pirroni, elevando ancor di più la sua encomiabile prestazione con questi brevi ma intensi passaggi di quattro corde.

KAGEMUSHA: Si torna al grande schermo, precisamente al maestro Kurosawa che, con il suo “Kagemusha – L’ Ombra Del Guerriero” (1980), narra il destino beffardo di questo ladruncolo, costretto ad impersonare Takeda Shingen dopo la morte di quest’ultimo, per evitare attacchi dai clan rivali, euforici che il più grande nemico sia perito in modo ignoto.
Semplicemente il momento più lungo e tragico di tutto “Invincible”, le movenze solenni delle note di chitarra fanno da contraltare alle vocals più interpretative di Alex, riscoprendosi abile non solo nell’offendere ma, come dimostrato in passato, anche di riempire di phatos le varie strofe.
Passato anche lo struggente solismo di Eros, è il momento di un altro ospite di lusso, Roberto Tiranti, che non ha bisogno di referenze, qui impegnato nel disperato lamento di Kagemusha, accompagnato per l’occasione dal flauto Shakuhachi del Mereu e dal liuto di Ivano “Muad’Dib” Spiga.
Da brividi anche la chiusura doomeggiante e la reprise a due voci di Alex e Roberto, distinguibilissime e perfettamente in sintonia tra loro.

SEKIGAHARA: La battaglia del 21 ottobre 1600 è lo sfondo per la nona esperienza del Santo Martire versione 2011, il piccolo villaggio nipponico, teatro della sanguinosa pugna, fu premio dello schieramento di Mitsunari, desideroso di appropriarsi di tale zona strategica.
Anche il registro sonoro ritorna a lidi più Heavy rispetto a “Kagemusha”, infatti già dal luminoso giro di sei corde e dalle mitragliate di cassa, si intende il mood di “Sekigahara”, fiero e violento.
Immancabile il notevole e straziante tema centrale che, lungo e glorioso, ricalca le gesta dei due opposti schieramenti fratricidi.
L’imponente trama del Pirroni sostiene il solo del sempreverde Ivano, doppiato dalle ritmiche, prima che l’epilogo apocalittico, di nuovo in un tutt’uno con gli argomenti trattati, metta in mostra tutti i tasselli del mosaico Martyr, basso, batteria e voce in prima battuta, poi, dulcis in fundo le due asce, le quali deflegrano con l’ultima strofa, prima dell’addio sfumato.

ZATOICHI: Le gesta di Ichi il massaggiatore cieco, chiudono col botto “Invincible”, il soggetto letterario partorito da Kan Shimozawa e modellato sulle sue gesta temerarie, con la katana sempre a disposizione dei più deboli, sparsi nel suo lungo peregrinare, è grande fonte di ispirazione per la miscela sonora degli Holy Martyr, qui più Classic Metal che mai.
Di nuovo fanno capolino le armonizzazioni care alla Vergine Di Ferro, prima che il bel riffone trascini il già impegnatissimo audience in medias res, con la voce di Alex Mereu che scandisce le gesta piene di nobiltà d’animo di Ichi.
Non un attimo di sosta nella botta di adrenalina che incornicia il terzo album dei sardi, incluso il solo di Melis che ricalca le sostenute ritmiche e che ci porta ad un altro stacco dal flavour Iron Maiden, naturalmente di marca Spiga.
No, non tralascerò il coro di “Zatoichi” dato che ne ho rimarcato l’ importanza generale fino alla nausea, questa parte fondamentale in ogni brano che si rispetti è qui ancor più glorificata, come sono esaltate le virtù dell’ eroe Ichi, un’ altra volta quindi “buona la prima” per mandarlo a memoria.

Ecco quello che ho captato ed interiorizzato dopo svariati ascolti di “Invincible”, senza dubbio mi sono dilungato, spero che le mie parole riescano a rendere parzialmente l’idea e a stuzzicare la curiosità di coloro che ancora non si sono accostati agli Holy Martyr.
Io non ho fatto altro che narrarvelo a parole, loro lo hanno scritto ed eseguito, permettete quindi di citarne una frase/sentenza: “WE ARE POWER, WE ARE STRENGTH, WE ARE INVINCIBLE”, né più né meno, prendere o lasciare!


Recensione di Alessio Aondio

tracklist

  1. Iwo Jima
  2. Invincible
  3. Lord Of War
  4. Ghost Dog
  5. The Soul Of My Katana
  6. Shichinin No Samurai
  7. Takeda Shingen
  8. Kagemusha
  9. Sekigahara
  10. Zatoichi

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