I Crying Steel, nonostante la dipartita del chitarrista Alberto Simonini e, dell’ugola particolare e riconoscibile dello screamer Luca Bonzagni, all’indomani dell’uscita di “The Steel Is Back!”, non si sono persi d’animo, infiammati dalla sacra passione per l’Heavy più tradizionale, assoldando due nuovi compagni d’avventura. Ormai quindi, sono quattro anni abbondanti che Massimiliano “Max” Magagni e Stefano Palmonari, accompagnano i “superstiti” dell’Acciaio Piangente sulle assi dei palchi, per delle scorribande che lasciano sempre il segno, grazie ad una carica adrenalinica davvero invidiabile, che rende il quintetto bolognese uno degli evergreen della scena dura italiana.
Torniamo a noi, anno 2013, ancora My Graveyard come label di supporto e nuovo album in casa C.S. , “Time Stands Steel”, sin dal gioco di parole nel titolo non può che trattarsi di un concentrato di Heavy Metal puro al 100%, possente ma melodico all’occorrenza, come solo i mostri sacri degli 80’s hanno saputo fare.
L’opener “Defender” è una mazzata sui denti che mette subito “Time…” sui binari giusti, fugando ogni (qualora ce ne fossero mai stati!) dubbio sull’operato di Stefano Palmonari, meno aggressivo del Bonzagni, ma altrettanto nella parte, merito della cristallina potenza della sua timbrica.
Una dozzina di tracce e nemmeno un filler per questo come back atteso ma che ampiamente ripaga le aspettative, cito a tal proposito la Saxoniana “Rockin’ Train”, con un riff d’apertura che farebbe comodo anche ai più scafati Byford/Quinn, di sicura presa nelle scalette aggiornate col nuovo capitolo della saga Crying Steel. Semplice da definire ma assai difficoltoso da comporre, “Time Stand Steel” ha l’infinito pregio di suonare solo ed esclusivamente H.M. , senza bisogno di suffissi di sorta, ma di cogliere il segno, canzone dopo canzone, mantenendo sempre alto il livello d’attenzione dell’ascoltatore.
L’assalto che odora di Judas Priest in “Crying Steel” (impreziosito dal duello tra Nipoti e l’ospite d’onore Simonini) , piuttosto che il mid tempo di “Metal Way”, confermano in toto le mie impressioni, ovvero che il terzo disco in studio dei felsinei dell’Acciaio, sia un altro centro completo, senza sbavature.
La classe di Franco Nipoti, unitamente alla solidità degli storici Luca Ferri alla batteria e Angelo Franchini al basso, ben si fondono con gli ultimi, ma fondamentali acquisti in seno ad un gruppo che sembra più rodato che mai, chorus da sbraitare in compagnia compresi, come quello di “Riding”o della conclusiva “Beverly Kills”, che non fanno che aumentare l’appeal di un lavoro, come detto, che non teme cedimenti dalla prima all’ultima nota.
I Crying Steel, insieme ad alcuni altri nomi storici del nostro panorama metallico, quando tornano lo fanno alla grande, missione compiuta anche con “Time Stands Steel”, cd che simboleggia come, per alcuni, sia impossibile perdere il gusto per composizioni ad alto livello “viscerale”, un album frutto della passione che da trent’anni accompagna questi Signori e, naturalmente, indirizzato ai veri appassionati… Grazie davvero!
Recensione di Alessio Aondio
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