I canadesi Cromlech, è proprio il caso di dirlo, arrivano all’esordio su lunga distanza a spada tratta, spazzando via con “Ave Mortis” qualsivoglia concetto sia riguardante la contaminazione musicale che la semplice forma-canzone. Il quintetto di Toronto, dopo il consueto demo d’esordio, seguito da uno split locale, si accasa con la nostrana My Graveyard, pronto ad imbrattare di sangue la neve dell’Ontario, a colpi di Epic/Doom Metal.
Mi preme anticipare che “Ave Mortis” non è affatto un disco per tutti, iniziando dal genere e proseguendo con i settanta minuti che lo compongono, risultando ostico per palati avvezzi a sonorità ben più snelle e concise, infatti, negli otto brani schierati di fronte a noi, ci sono poche concessioni alla fruibilità.
Ad ogni modo, l’affascinante miscela che non può che ricordare tanto i gloriosi Manowar di “Into Glory Ride”, quanto il periodo epico di Quorthon coi suoi Bathory, finirà per esaltare i cuori più epici ed avvezzi al sound battagliero in questione.
Dopo l’intro che dà il titolo all’album, “For A Red Dawn” mette subito in chiaro le coordinate dei Cromlech, nove minuti di sulfurea marzialità, salmodiata dalle vocals dal basso registro di Roman Lechman, impegnato anche con la chitarra, nella coppia d’asce completata da David Baron.
Non mancano le accelerazioni, come nella successiva “Honor” (questa cantata dal vero vocalist della band, Kevin Loughnane), dove si notano le valorose venature del basso di Brandon Keddy, che impreziosiscono la grezza roccia sulla quale si posa il credo dei Cromlech, fieri latori di un sound senza tempo, e consapevoli del fatto che, dato che di certo il successo non arriderà loro, un manipoli di strenui sostenitori ne esalterà le gesta.
Mettendo un attimo da parte le inclinazioni personali a perdere il lume della ragione ogniqualvolta mi si presenta davanti un disco di tali sonorità (Atlantean Kodex su tutti), va specificato che in “Ave Mortis” non è tutto oro quello che luccica, segnalando un paio di difetti imputabili forse alla non completa maturità compositiva.
Senza dubbio la presenza di due cantanti a mezzo servizio, entrambi nella parte, ma di certo non “profetici”, mi fa sperare nella scelta definitiva di uno solo, con l’aspettativa di miglioramento (ovviamente i margini ci sono eccome), oltre al fatto di snellire un attimo le composizioni, perché, vi assicuro che, anche i più orientati verso l’Epic Metal avranno qualche difficoltà (se così si può chiamare) a macinare l’intero “Ave Mortis”, posto che, ovviamente, se i futuri brani avranno la stessa durata, ma sapranno mantenere alto il pathos per tutta la loro durata, come del resto già accade nella sostenuta “Of The Eagle And The Trident”, non ci sarà alcun problema nell’arrivare a fine corsa.
Di certo, a fronte di queste due annotazioni non positive, ma che mi sentivo in dovere di esprimere, “Ave Mortis” è un altro gioiellino incastonato nella pietra dell’Epic Metal, andrebbe solo estratto e levigato quel tanto che basta per renderlo un capolavoro, ma, sono sicuro che se da un lato alcune impurità verranno spazzate via con l’esperienza, per alcuni il crudo sound dei Cromlech è già perfetto di per sé, in alto le spade quindi, e che il Dio dei morti accompagni i nostri nemici!
Recensione di Alessio Aondio
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