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recensione

Frank Marino viene generalmente presentato come una sorta di prodigio tra i chitarristi di Monteral, e si dice che egli girasse per il paese con una band innovativa, ossia i Mahogany Rush, ma questo accadeva quando la musica psichedelica era ancora una sperimentazione.
Il disco che abbiamo di fronte è un doppio live che contiene la bellezza di 32 tracce e si tratta di un lavoro sicuramente impegnativo dal punto di vista della composizione ed esecuzione, ma anche da quello dell’ ascolto.
Il materiale presente nel live si può far rientrare in una sorta di rock blues di derivazione Hendrixiana (netta in alcuni punti), in tributo alla quale troviamo una versione di “Voodoo Chile” con contaminazioni fusion, un tocco di jazz. La qualità del materiale proposto è discreta, sicuramente dal punto di vista dell’ esecuzione non c’è nulla da rinfacciare a nessuno dei musicisti, ma di problemi ce ne sono più d’uno.
Innanzitutto la durata dei brani è fortemente sbilanciata, si passa infatti da brani da 10, 12, 17 minuti a pezzi da un minuto e mezzo, che per altro si perdono nel brano successivo o precedente senza riuscire a trasmettere all’ ascoltatore una loro identità. La cosa peggiore è il fatto che i brani più consistenti, non hanno una tale durata per necessità di struttura o di espressione, ma sono funzionali solo a lasciare spazio ad interminabili assoli che raramente aggiungono spessore al pezzo, ne sono troppo caratteristici.
Le parti cantate sono di buon livello, sia come linea vocale, sia come timbrica, ma ad esse è riservato uno spazio talmente ristretto da risultare marginali.
Gli arrangiamenti non sono troppo elaborati (trattengo a fatica un “non sono troppo curati”), ne c’è una grande attitudine all’ improvvisazione (che è assolutamente sbilanciata dalla parte della chitarra solista, che non lascia molti spazi agli altri strumenti che si riducono a mero accompagnamento). Come già accennato prima il livello esecutivo dei musicisti è piuttosto elevato, nel senso che a farla grande ci saranno 3 sbavature in tutto il concerto.
Lo stile delle canzoni non è ne innovativo (proprio per niente), ne si può definire classico, perché manca della pregnanza sulla quale tanto puntavano i precursori di questi genere (in modo conscio o meno poco importa). Tirando le somme si tratta di un concerto mediamente piatto (l’unico pezzo che spicca è “Stories Of A Hero” insieme alla sua introduzione celtico-medievale) di rock blues che vuole richiamarsi ad Hendrix (per citare un nome abusato), ma che non riesce a farne che un’ imitazione non brillante con assoli lunghi come anni di carestia e dove alla chitarra ritmica probabilmente non avevano collegato il cavo.
Se siete fanatici del genere e volete avere tutto il rapporto quantità prezzo è di certo favorevole, ma temo che non rimarrete sorpresi. Se vi avvicinate ora non fatelo in questo modo perché non sarebbe uno stimolo a proseguire.

Recensione di Lorenzo Canella

tracklist

1. Voodoo Chile
2. … Something’ s Coming Our Way (Except)
3. He’ s Calling
4. Red House
5. Guitar Prelude To A Hero
6. … Stories Of A Hero
7. Poppy
8. … She’ s Not There
9. … Crossroads
10. … She’s Not There (Return)
11. … Poppy (Return)
12. Let There Be…
13. …Strange Universe
14. …Ode To Creation
15. …Strange Universe
16. Rock And Roll Of Fame
17. … Ain’ t Dead Yet (Except)
18. … Slippin’ And Slidin’
19. … Back To The Hall
20. …Two ‘n’ Four (Just Joshin’)