La storia dei The Bereaved è la classica di una qualsiasi metal band che tenta la scalata per emergere dal baratro della scena underground: amici che decidono di fondare un gruppo, in questo caso l'idea viene dal bassista Mikael Nillsson e dal chitarrista Henrik Tranemyr i quali reclutano gli altri membri. Qualche problema di line up da risolvere e poi via con la registrazione del demo "Inverted Icons" nel 2003 che procura alla band un contratto discografico con la Black Lotus Records.
Torniamo ai giorni nostri, negli Underground Studio, dove hanno per altro registrato anche band del calibro di Carnal Forge e Constructed, il combo svedese da alla luce il tanto agoniato debut album: Darkened Silhouette.
Un concentrato di death Svedese melodico con forti richiami thrash, tutto in linea con le sonorità che ultimamente giungono dal paese scandinavo. Come verrà da pensare il lavoro non brilla certo di originalità ma è fresco e potente come si nota già dai riff di apertura di "Soaked Mud Remain" dove si nota già una forte influenza thrash bay area sia nella batterie che nelle ritmiche di chitarra, un biglietto da visita (la canzone) nel biglietto da visita (il debut album). Infatti lo stile rimmarrà pressoché invariato nel corso di tutto l'album a parte qualche momento di atmosfera con tastiere che ricordano gli ultimi lavori dei nostri connazionali Graveworm o quello dei certamente più famosi Dimmu Borgir. Direi quindi che la ricetta di questo album consiste in un 70% di thrash e un 30% di death, dove la parte l'elemento death di maggiore spicco è la voce graffiante del singer/chitarrista Johny Westerback.
I ritmi rallentano poi nella fase centrale e i brani si fanno più melodici, richiamando appunto le band citate prima. E' questo ilcaso di "Vital Organ Theft" e "My Dying PRide". Non mancano tuttavia anche parti ripetitive e ritmiche che sanno troppo di già sentitito come in "Hollow Child" che sebbene risulti aggressiva e potente ad un primo ascolto, sucessivamente perde sia di mordente che di interesse. Oppure come nel caso di "Devil's Deal dove all'aèertura si presenta una tastiera power che è un vero pugno allo stomaco, fortunatamente la canzone recupera punti nella fase successiva, sebbene quel motivetto iniziale venga ripetuto all'infinito rovinando quella che poteva essere la miglior traccia dell'album.
Dodici brani sono sicuramente troppi per una band di questo genere e difatti sul finale l'album perde di efficacia, correndo così il rischio di annoiare l'ascoltatore. Darkened Silhouette si chiude con una melodica e malinconica "The Abyss".
Recensione di Paolo Manzi
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