Hadeon è il titolo del nuovo disco degli storici Pestilence, nuovo capitolo dopo le disastrose ultime uscite discografiche che hanno fatto dimenticare ai fan i tempi gloriosi di Comsuming Impulse o il folle Spheres.
L’ego smisurato del fac totum Patrick Mameli è probabilmente il maggior responsabile dei vari flop della band post 2000, ma questa volta sembra che il chitarrista olandese sia riuscito a trovare una sorta di bilanciamento tra il classico sound death thrash degli esordi con le sonorità moderne e technical death degli ultimi lavori.
Il disco, dopo una breve intro, esplode con Non Physical Existent, dove sono le chitarre a farla da padrone, con riff thrash sorretti dall’ottimo lavoro alla batteria di Septimiu Harsan, vero motore dell’intero album. I suoni freddi, con una produzione fin troppo pulita per il genere, diventano il leit motiv delle canzoni presenti e, nonostante alcuni brani di spessore come Multi Dimensional sembrano quasi far gridare ad una improvvisa resurrezione dei fasti passati della band, ci si accorge che manca qualcosa. Ottima tecnica indivduale dei musicisti, riff storti e dissonanti, un uso morigerato dei tanto amati vocoder di Mameli (e forse odiati dai fan), break di meshugghiana memoria. Ma alla lunga questo disco non decolla: le canzoni sono brevi, quasi come se la band stesse svolgendo un compito a casa, per portare a casa la sufficienza. Manca l’anima violenta dei primi album e manca la follia di Spheres.
Patrick Mameli e soci hanno sfornato il classico album di transizione, il “vorrei ma non posso” dei Pestilence. Buone idee ma appena accennate, ottime soluzione ma solo abbozzate. Un assaggio della genialità della band, ma alla fine dei 39 minuti di disco rimane l’amaro in bocca: sicuramente un passo avanti rispetto agli obbrobri degli ultimi anni, ma altrettanto certo il fatto che questo disco verrà presto dimenticato anche dai die hard fan.
Occasione mancata a metà quindi: questo Hadeon dimostra che la band olandese non è definitivamente morta, ma che non è ancora in grado di ritornare nell’olimpo del death metal.
Il mezzo voto in più di questa recensione va considerato in funzione dell’artwork, tra i migliori dell’anno perché rappresenta molto bene le atmosfere fantascientifiche narrate dalla band. Ma purtroppo non è sufficiente una bella copertina per giudicare un disco. Per ora i Pestilence tornano al posto con un sei politico e dovranno applicarsi di più per non essere bocciati la prossima volta...
Recensione di Manuel Molteni
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