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Judas Priest - "Firepower" (Epic Records/2018)

Line up:

Rob Halford - voce
Richie Faulkner - chitarra
Glenn Tipton - chitarra, tastiera
Ian Hill - basso
Scott Travis - batteria
 

voto:

8
 

recensione

« Il metal per me sono i Judas Priest, perché non hanno nessun’altra qualità se non il metal. Sono puro metal al 100 % » (Michael Amott, Carcass/Arch Enemy/ Spiritual Beggars)

Basterebbe questa affermazione per capire quanta attesa abbia creato l’annuncio nell’ottobre 2017 dell’uscita di Firepower, ennesimo lavoro in studio della band inglese.
I Nostri ci hanno abituato negli ultimi anni a lavori poco più che mediocri, sicuramente non all’altezza del loro storico nome. Ma oggi possiamo tranquillamente dire che Halford e soci hanno creato un album spettacolare. Nonostante i molti problemi in seno alla band, in primis l’allontanamento di K.K Downing, i gravi problemi di salute di Tipton che lo hanno costretto ad abbandonare la nave in sede live anzi tempo, e le voci di possibili scioglimenti, i Judas Priest urlano al mondo che ancora oggi, dopo quarant’anni di carriera, i maestri dell’heavy sono sempre loro. Il punto cardine che ha permesso a Firepower di entrare nella top three album dell’anno (già a Marzo!) è sicuramente l’innesto in pianta stabile di Richie Faulkner, talentuoso chitarrista e compositore che ha ridato linfa vitale al super combo britannico.
Il disco si apre con una titletrack che, seppur rimanendo nei canoni del classico brano heavy a la Priest fa subito percepire che qualcosa di grosso sta bollendo in pentola: una produzione finalmente di altissimo livello dona alle chitarre il giusto sound aggressivo, cosa che probabilmente mancava dai tempi dello storico Painkiller. Rob Halford, The Metal God, sembra vivere una seconda giovinezza: abbandonati alcuni acuti estremi, il cantante punta tutto sulla sua innata capacità espressiva, donando ad ogni brano uno spunto personale, come nella scura e violenta Necromancer, o nella stupenda Lightning Strike, vero anthem heavy del 2018. Un songwriting convincente, con gli assoli di Tipton/Fauikner ricchi di melodia e potenza a fare da contraltare ad una sezione ritmica solida come non mai. I Judas riescono a non scimmiottare se stessi, dimostrando di essere capaci ad adattarsi ai giorni nostri senza snaturare il proprio sound. Ed è facile ritrovarsi a cantare insieme ad Halford il ritornello tanto ruffiano quanto perfetto di Never the Heroes (uno dei tanti highlights del lavoro) o a fare headbanging sulla più moderna Flame Thrower.

La caratteristica principale di Firepower è la potenza sonora, merito delle abili mani di Andy Sneap dietro al mixer: un’assalto all’arma bianca, con i Priest più metal di sempre che sembrano abbandonare in parte lo spirito rock n roll spostando il piede sull’acceleratore e sull’impatto sonoro. Disco a parere di chi scrive che rappresenta il lavoro che ai Judas mancava per completare la propria discografia. Un lavoro che condensa in quattordici brani il significato di suonare heavy metal nel 2018.

Sicuramente qualche fan di vecchia data potrà trovarsi un po’ spiazzato da questo piccolo gioiello. Rimpiangendo l’era più soft di Halford e soci.Ma la strada giusta per l’heavy metal, signore e signori, ce la indicano ancora questi sesantenni borchiati e vestiti di pelle: volenti o nolenti i Judas Priest sono ancora oggi, l’heavy metal!

JUDAS IS RISING! (Again!)

Recensione di Manuel Molteni

tracklist

  1. Firepower
  2. Lightning Strike
  3. Evil Never Dies
  4. Never The Heroes
  5. Necromancer
  6. Children of the Sun
  7. Guardians
  8. Rising from Ruins
  9. Flamethrower
  10. Spectre
  11. Traitors Gate
  12. No Surrender
  13. Lone Wolf
  14. Sea of Red

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