Gli Ephyra sono una band comasca dedita ad un Melodic Death con influenze folk e con questo nuovo The Day of return giungono ormai al loro terzo lavoro sulla lunga distanza.
Il disco in questione, costituito da dieci tracce non si discosta molto dalle coordinate dei due lavori precedenti. Sebbene l’artwork e la presentazione del prodotto siano veramente molto curate (il cd ci è arrivato con un plettro in metallo firmato Ephyra) il contenuto musicale non rispetta le alte aspettative immaginate. Il primo punto a sfavore della band lombarda è rappresentato dalla scelta dei suoni utilizzati. Brani come Your Sin, Run Throught The Restless Fog o la stessa titletrack, basati su riff tipicamente death non “esplodono” mai, a causa di un mixing fin troppo pulito e freddo. Manca infatti la profondità nel wall of sound dei nostri e per questo motivo le composizioni tendono ad appiattirsi. Dal punto di vista tecnico il sestetto dimostra di essere all’altezza ma purtroppo ben presto ci si accorge del secondo elemento debole della band. Gli Ephyra lavorano con due cantanti: la voce maschile affidata a Francesco Braga e la voce pulita ad opera di Nadia Casali. Questo modo di operare, molto anni ’90 e primi 2000, sembra non funzionare molto a causa di linee vocali che danno all’ascoltatore un fastidioso senso di deja vu e “già sentito” che aleggia per tutto l’ascolto del platter. Sia chiaro, non stiamo parlando di un lavoro da scartare a priori, ma sicuramente i nostri avrebbero dovuto fare molto di più per poter provare ad emergere dall’affollato calderone folk death.
Onore agli Ephyra per essere riusciti negli anni a pubblicare ben tre lavori e di essere stati di spalla a band di spicco come Arkona, Finntroll, TYR ed addirittura Satyricon, ma con l’esperienza maturata ci saremmo aspettati qualcosa di più. The Day of return rappresenta un’occasione persa a mio parere: il songwriting spesso monotono fa comunque intuire che in fondo, la band lombarda, da qualche parte ha nuove idee ( ad esempio l’utilizzo di canti a cappella asiatici utilizzati come intro di alcuni brani) ma forse la direzione da prendere è un’altra, provando a dare meno importanza all’ormai abusato cliche vocale da “La bella E la Bestia”, magari concentrandosi di più sulle vocals del bravo Braga dietro al microfono.
Il voto che vedrete in calce è da considerarsi come un incoraggiamento per la band, certi che li rivedremo presto in altre occasioni e con un bagaglio di esperienza che li potrebbe portare ad un passo più importante.
Recensione di Manuel Molteni
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