Chi dice che il metal italiano è morto da anniprobabilmente non sa esattamente di cosa sta parlando: il panorama underground nostrano è ricco di molte band con potenziali nascosti che hanno solo bisogno del giusto momento per poter emergere.
Oggi abbiamo tra le mani per esempio il nuovo lavoro dei Forged in Blood, band dedita ad un classico heavy power con accenni a qualcosa di vagamente thrash nel riffing.
La proposta dei nostri si avvicina sicuramente più all’area statunitense del genere, prendendo come punto di partenza band come Vicious Rumors e simili.
Il lavoro, licenziato da una attivissima Punishment 18, si apre con con una Rebllion, my name che onestamente non lascia un grande ricordo di se: traccia semplice, classica, che però risulta poco ispirata. Ma già dalla seconda traccia iniziamo ad intravedere il vero potenziale dei Forged: For the unborn, con il suo incedere sincopato e aiutata da una produzione all’altezza, fa muovere la testina di qualsiasi metalhead vecchia scuola, con un ritornello tanto ruffiano quanto efficace (decisamente “ispirato ai nuovi Iron Maiden) che entra subito in loop nel cervello dell’ascoltatore.
Molto buona la resa dei singoli musicisti, con la coppia d’asce sugli scudi, tra riff ’80 e assoli convincenti sugli scudi ed una solida sezione ritmica ad accompagnare
Le seguenti tracce però iniziano a far emergere il limite della band meneghina: sono le vocals del frontman Roberto Liperoti che tendono a spiazzare un po: alcuni difetti di pronuncia in inglese (che onestamente, non sono perdonabili al giorno d’oggi) ed il tentativo di emulare il buon Dickinson nelle parte più alte, rende la prova del singer un po’ fuoriluogo.
Un vero peccato, perché la band cè e ha idee. Pur rimanendo ancorata a cliches conosciuti, il songwriting è comunque fresco e godibile: i momenti migliori di questo debut sono quelli dove il combo schiaccia sull’acceleratore, come nella furiosa Black renegade che ci fa tornare con il cuore negli USA a metà anni ottanta, quando l’heavy era una cosa seria!
Alcuni brani sui generis ci accompagnano ad un altro higlight del disco, la semiballad Holy Water, immancabile in un album del genere.
Tirando le somme, cosa dire di questa band old school tricolore? Considerando ce siamo di fronte ad un un debut album è necessario sottolineare che i nostri hanno le carte in regola per poter entrare nel mercato, perché come già detto i Forged in Blood hanno qualcosa da dire. Un lavoro tra luci e ombre, tra ottime canzoni ed altre meno ispirate. Speriamo di rivedere i FiB in futuro, magari anche in sede live: ci auguriamo che riescano però a limare in fretta quelle caratteristiche legate alle vocals, che non hanno permesso all’album di esprimere appieno il proprio valore.
Per finire: un plauso alla Punishment 18, che ancora una volta ha scoperto una band sulla quale ha viso quel potenziale ancora grezzo sul quale investire, ed un plauso di incoraggiamento ai Forged: le idee ci sono, la forma forse è ancora un po’ traballante. Ma in questi casi è la passione che ci rassicura, e dopo l’ascolto di questo debut, ci aspettiamo di più dalla band milanese
Recensione di Manuel Molteni
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