Non siamo ancora in grado di dirvi se veramente Dio abbia voluto questo disco, ma, sono sicuro che chiunque si definisca fan del Doom più epico, accoglierà il terzo capitolo della saga Evangelist come un piccolo miracolo sonoro.
Gli ingredienti ci sono ancora tutti, quattro musicisti dalle identità anonime, incappucciati e, votati al 100% al Sacro Verbo dei profeti Candlemass, Solitude Aeturnus, Solstice e via discorrendo, sfoderano ancora una volta una padronanza del genere assolutamente invidiabile, citazioni bibliche in latino incluse!
7 brani 7, come, appunto, il numero che biblicamente indica la completezza, tratto distintivo di ‘Deus Vult’, un album dove assolutamente non manca nulla, né a livello compositivo né tantomeno sul piano emozionale.
Dal roboante incipit di ‘God Wills It!’ all’incredibile ritornello, marchiato a fuoco nella mia mente dal primo passaggio, di ‘Memento Homo Mori’, fino alla lunga –ma nemmeno per un attimo stucchevole- ‘Eremitus (Keeper Of The Grail)’, il lavoro in questione lascia solo il desiderio di riascoltarlo da capo, per assimilarne meglio ogni sfumatura, come le cangianti tonalità vocali dello sconosciuto ‘Messiah polacco’, i soli, semplici ma struggenti e calzanti, potrei andare avanti elencando ogni elemento ma, troppi spoiler –come si usa dire oggi-, vi farebbero perdere il gusto della scoperta.
Sarò certamente un invasato del genere proposto con tanta magniloquenza dagli Evangelist ma, credetemi, non è tutto oro quel che luccica, per pubblicare un full length del calibro di ‘Deus Vult’ ci vogliono tante di quelle qualità, magari non misurabili con i soliti canoni, che purtroppo pochi si cimentano e ancor di meno ci riescono con tale continuità, cito Atlantean Kodex su tutti, ma anche Sorcerer e Procession per par condicio.
Bene, le coordinate ve le ho date, il mio pensiero l’ho espresso, accogliete dunque le profezie dei quattro evangelisti da Cracovia, senza indugio fatevi avvolgere dalla epica maestosa di ‘Deus Vult’, d’altronde se è proprio lui in persona a volerlo, chi sono io, umile mortale, per impedirvelo?
Recensione di Alessio Aondio
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