Agli Ibridoma sono serviti più di quindici anni di gavetta, quattro dischi e decine di live accompagnando anche nomi blasonati della scena heavy (Blaze Bailey tra gli altri) per dare alla luce quello che senza dubbio rimane il loro lavoro più completo e significativo.
La band marchigiana capitanata dal piccolo ed istrionico Cristian Bartolacci già voce de La scala Mercalli, con City of Ruins riesce a mixare tipiche sonorità heavy old school con caratteristiche moderne che hanno fatto la fortuna di grossi calibri d’oltreoceano.
La scelta dei suoni e della produzione molto pulita aiuta a rendere mettere in luce l’anima melodica della band: sorretti da una base ritmica granitica ad opera dell’accoppiata Morroni/Ciccarelli, i riff taglienti di chitarra creano la base ideale sulla quale il già citato Cristian esprime tutto il suo dolore e rabbia. I testi dei dieci brani collezionati in questo disco rappresentano infatti la ciliegina sulla torta di questo ottimo lavoro made in Italy: il tema trattato è infatti il terremoto che ha sconquassato la terra del combo marchigiano pochi anni fa, e il coinvolgimento sentimentale è facilmente riconoscibile.
Sebbene non vi siano particolari deviazioni da un canovaccio abbastanza sui generis, l’ascolto rimane sempre piacevole e non vi sono mai momenti di noia durante la fruizione del lavoro. Brani come Evil Wind o T.F.U. faranno sorridere di consenso più di un metalhead della prima ora e i piccoli modernismi sopracitati, presenti in maniera particolare nelle ritmiche utilizzate riusciranno sicuramente ad avvicinare alla band anche le nuove leve.
Una particolarità che ho molto apprezzato nella scelta artistica degli ibridoma inoltre è stato il coraggio di inserire un brano con refrain in lingua madre, quasi a ribadire quanto questo lavoro sia indissolubilmente legato alla terra:Di nuovo Inverno è un inno moderno alla terra natia divorata dal terremoto, ed il ritornello in italiano è da pelle d’oca.
Abbiamo avuto anche la fortuna di assistere alla presentazione dei brani in sede live, e vi possiamo assicurare che vedere gli ibridoma sulle assi di un palco è un’esperienza indimenticabile, probabilmente l’ambiente migliore per poter apprezza appieno l’enorme potenziale del combo.
Tirando le somme però, niente di nuovo sotto al sole? La risposta non è così scontata in questo caso: nonostante come già anticipato non vi sono grandi novità nella proposta dei cinque musicisti in questione, è palese come il gruppo abbia una personalità molto forte in grado di distinguerli nel calderone affollato della scena italiana. Sicuri dei propri mezzi, mai banali, con dei brani mai fine a se stessi. Consigliamo vivamente City of Ruins a tutti coloro che credono ancora nel metallo tricolore, ma anche a tutti quelli che credono che il metal in Italia non ha più nulla da offrire dai primi anni 2000.
Il metal italiano non è solo epic, non è solo spade e dragoni. Il metal italiano è anche rappresentato da realtà genuine come gli Ibridoma, che creano arte ispirati dalla loro bellissima terra.
Promossissimi!
Recensione di Manuel Molteni
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