I Sicktale non hanno certo remore nel gridare ai quattro venti che la loro proposta musicale è in gran parte debitrice agli immortali Alice In Chains (basta il nome vero?), rimarcato dal fatto che 3/5 della line up è impegnata anche in una cover band dei suddetti, sgombrando definitamente il campo da strampalati paragoni.
La prima impressione quindi, ascoltando l’esordio “Birthday In A Scrapyard”, non verteva sulla somiglianza con la band di Layne Staley (R.I.P.) e Jerry Cantrell, quanto sulla loro bravura nello scrivere pezzi originali immergendosi nello stile unico del gruppo di Seattle.
La qualità delle dieci tracce in questione sta tutta qui, nel saper ricreare uno stile inimitabile, al servizio dei propri brani, e che brani, dalla pesante e on-your-face “The Adherent” all’onirica e struggente “Regrets”, i Nostri mettono in mostra le doti dell’emozionale singer Ivan Rota, coadiuvato nelle armonizzazioni dal chitarrista Giorgio Ghibellini.
Unitamente ad un sound curato nei minimi dettagli, che esalta anche il lavoro dell’altra sei corde maneggiata da Francesco Alfiero, così come la sezione ritmica targata Daniele Malabarba al basso e Attilio Coldani (ex Thunderstorm/ Moonlite Drive), mai semplicemente un accompagnamento, “Birthday…” scorre veloce e, invoglia al tasto ‘repeat’ in più occasioni.
La naturalezza con la quale il quintetto pavese passa da momenti più lineari quali “The Gambler” ad altri ben più strutturati come in “Requiem For An Asshole”, dimostra una volta di più come i Sicktale NON siano solo anagraficamente degli ‘sbarbati’ e che, fortunatamente, l’album di inediti arriva al momento giusto della loro maturità musicale.
Superfluo aggiungere, ma per dovere di cronaca va fatto, la mia totale devozione in primis per Alice In Catene e, di lì, il mio sano stupore, ben presto tramutato in completa ammirazione per i Sicktale che, a conti fatti centrano appieno l’obbiettivo:
quello di incidere una decina di pezzi coinvolgenti ed assolutamente mai banali, a presto ragazzi, possibilmente sopra ad un palco!
Recensione di Alessio Aondio
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