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Spock s Beard - "Octane" (InsideOut Music /Audioglobe)

Line up:

Nick D’Virgilio - Vocals/Drums
Dave Meros – Bass
Alan Morse - Guitars/Vocals
Ryo Okumoto – Keyboards
 

voto:

7
 

recensione

Ecco emergere dall’enorme calderone della InsideOut Music, sempre ricco di ottimi musicisti, gli Americani Spock’s Beard, con il loro nuovo lavoro, l’ottavo di una longeva carriera che li ha portati ad essere una delle prog band più apprezzate nella scena mondiale. Il genere proposto è un prog-rock risultante da una base di canzoni e ballate in perfetto stile rock “arricchite” dall’inserimento di melodie, stacchi e sonorità proprie del prog-metal, che si materializzano in una sottile “venatura”, senza un’esasperata ricerca di tecnica allo stato puro, ponendosi al servizio di quella che è la sonorità principale di ogni canzone. “Octane” è perlopiù un album pacato, caratterizzato da un’atmosfera malinconica a cui ben si adatta la voce del cantante/batterista Nick D’Virgilio (il quale ha assunto il ruolo di singer con la dipartita di Neal Morse) e lo si capisce già dalle prima due tracce: in “The Ballet of the Impact”, divisa in tre parti, un’apertura strumentale di stampo prog sfocia in un dolcissimo duetto di pianoforte e flauto prima dell’entrata in scena della voce, mentre “I Wouldn’t Let It Go” è una ballata in cui la chitarra acustica regge le ritmiche (prive di inserimenti prog) dando vita ad un brano tipicamente rock, dai tratti malinconici, che termina con un assolo di organo nel quale viene rappresentato il risveglio di un ragazzo (con tanto di voce materna che esorta ad alzarsi) il quale dà la dimensione di un sogno alla canzone appena trascorsa. La successiva “Surfing Down the Avalanche” è il primo brano in chiave puramente prog, le chitarre si fanno distorte, i ritmi si fanno incalzanti e la voce abbandona la melodicità espressa in precedenza per assumere un tono inquieto, il tutto ritorna però ai livelli precedenti in “She is Everything”, una splendida canzone d’amore in cui convergono alla perfezione entrambe le influenze creando uno fra i migliori brani all’interno dell’album; album che procede nelle tracce successive mantenendo questo stile, in “Climbing Up that Hill”, in “Letting Go”(uno stacco strumentale di un paio di minuti) ed in “The Beauty of It All” nella quale spicca una parte centrale tipicamente prog, in cui i quattro si sfogano raggiungendo sonorità “estreme” se paragonate a quanto fin’ora ascoltato, dandoci un’anteprima di quelli che saranno i riff della successiva “NWC”, altro brano strumentale che rappresenta il punto più estremo dell’album, un intreccio di assoli di chitarra e tastiere accompagnati da una batteria magistrale che dà prova dell’abilità tecnica dei quattro musicisti. Da qui alla fine di “Octane” le tracce sono un’alternanza dei due stili, quello più tendente al prog, incarnato da “The Planet’s Hum” e da “As Long As We Ride” e quello sostanzialmente rock, che viene rappresentato dall’ottima “There Was a Time” e da “Watching the Tide”. L’album può essere considerato quindi un eccellente prodotto, dalle sonorità gradevoli, anche se l’atmosfera malinconica può renderlo poco “digeribile” a chi magari ricerca emozioni positive, il genere proposto è un perfetto connubio fra rock e prog, mescolati a giuste dosi in modo da non stancare l’ascoltatore, soprattutto chi come il sottoscritto non tollera più di tanto l’esuberanza tecnica del prog metal.

Recensione di Diego Benetti

tracklist

  1. The Ballet of The Impact
  2. I Wouldn’t Let It Go
  3. Surfing Down the Avalanche
  4. She is Everything
  5. Climbing Up That Hill
  6. Letting Go
  7. Of the Beauty of It All
  8. NWC
  9. There was a Time
  10. The Planet’s Hum
  11. Watching the Tide
  12. As Long As We Ride

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