I Death Angel sono tornati, più aggressivi, travolgenti e in forma che mai! Dopo quasi quindici anni di silenzio discografico (l’album precedente, Act III, è datato 1990), dovuti a un incidente che ha invalidato il batterista Andy Galeon per un lungo periodo e al conseguente abbandono del gruppo da parte del singer Mark Osegueda, poi ritornato nel 2001, il quintetto della Bay Area ha regalato ai fans una splendida performance al No Mercy Festival 2003, e ha partecipato a varie date assieme a gruppi del calibro di Anthrax, Metallica (Kirk Hammett è produttore del loro primo demo) e Rob Halford; ora, con The Art Of Dying , i nostri sono arrivati all’apoteosi della loro carriera, e hanno la possibilità di conquistare anche quel pubblico che finora li ha snobbati; siamo davanti a lavoro che ha tutte le carte in regola per candidarsi a miglior album thrash del 2004, assieme a Tempo Of The Damned dei co-labels e conterranei Exodus. Mai la “’Frisco Bay” è stata così produttiva! Siamo di fronte a un’opera assolutamente geniale, suonata e cantata magistralmente in ogni sua parte. “Thrown To The Wolves”, “Thicker Man Blood” e “The Devil Icarnate”, che costituiscono la maggior parte del mini-demo da sole sei tracce che ho avuto modo di ascoltare, sono alcuni esempi di cosa è davvero il thrash metal dei Death Angel: adrenalina pura! Ho quindi buone ragioni di presumere che anche le restanti sei canzoni siano altrettanto meritevoli di encomio. Velocità, ritmo e un tocco di aggressività sono le carte vincenti dei cinque di San Francisco, che però non mancano di stupire anche in brani più lenti (si veda “Famine”, o la stessa intro); un marchio di inconfondibile originalità. Se non l’avete ancora capito, il mio consiglio è di fare assolutamente vostro questo album (che, vedrete, non vi stancherà mai), e godere i frutti di questa annata così propizia!!!
Recensione di Tiziana Ferro
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