“Vision Eden”, album che risale ormai al 1998, è il terzo della power band tedesca. Per la prima volta alla voce troviamo Chitral "Chity" Somapala, originario dello Sri Lanka, che porterà poi ad un ampio uso di sonorità orientali nel successivo “Eurasia”.
Prodotto da Charlie Bauerfeind (che ha lavorato con band come Blind Guardian, Angra e Gamma Ray), come si può facilmente intuire dal titolo l’album tratta della visione dell’Eden, il paradiso terrestre.
Musicalmente l’album riprende in gran parte il discorso intrapreso col precedente “Mystic Places”, seguendo il filone power/progressive tanto di moda in quel periodo. Lo si sente subito con l’opener “They Are In Between Us”, che convince grazie soprattutto ai buoni riff di chitarra. Ottima la successiva “Children Of War”, le cui ritmiche fanno buona presa sull’ascoltatore, sfruttando gli oltre sei minuti della traccia con parti più potenti alternate a parti melodiche e strumentali.
L’album subisce poi un leggero calo con la decisamente più melodica “Lord Of Dignity”, mentre più accattivanti sono le linee strumentali di “Fate Of Centuries”, che rallenta l’andatura solo nel finale di tastiera. Parte bene anche “Age Of Salvation”, che si candida tra i migliori brani del disco con le sue potenti accelerazioni, l’uso sapiente della chitarra e la buona prova vocale del singer asiatico.
Il livello rimane buono con la canzone successiva, in cui all’inizio si alternano linee vocali pulite e nettamente più aggressive, stona invece con quando sentito fin ora la breve ed acustica “The Road To Eden”, dall’atmosfera che richiama la “visione” del titolo. Le sonorità si spostano più sul progressive con “Far Away”, che non convince però appieno se non per la lungo pezzo strumentale che occupa la seconda parte del brano. Altra song legata alle sonorità power/ prog della band è “Gene Genius”, mentre l’album si chiude con la strumentale “Solitune”, che richiama in parte l’atmosfera di “The Road To Eden”.
Nel complesso un buon album nel suo genere, anche se non aggiunge molto di nuovo, non si può certo dire che quando offerto dal quintetto non possa essere apprezzato da un amante di queste sonorità, purtroppo, come si è poi visto, la band ha bruciato il suo discreto potenziale con il disco successivo, cadendo nell’errore di voler sperimentare eccessivamente nuove soluzioni e inserendo strumenti totalmente estranei alla tradizione metal.
Recensione di Marco Manzi
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.