I Running Wild sono una di quelle band da cui non ci si deve aspettare grandi e significative variazioni
stilistiche e credo che questo sia uno dei motivi che li ha mantenuti in vita fino ai giorni nostri. Nel corso
della ventennale carriera della band vi sono stati innumerevoli cambi di line up che hanno portato poco
alla volta la band a diventare quasi una sorta di progetto solista del singer Rolf Kasparek. Tutta via dopo
l'uscita del controverso e forse poco capito The Brotherhood del 2002, mi trovo a recensire l'album che
potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza del combo teutonico che negli ultimi anni pareva
essersi un po' smarrito.
Rogues En Vogue si dimostra subito molto fresco ed energico, un concentrato di puro heavy metal vecchia
scuola, che poi è sempre la migliore. Brani immediati ma non banali e che dopo parecchi ascolti ancora
non stancano anzi.... A partire dagli apripista: la middle tempo "Draw the Line" e la più veloce "Angle of
Mercy". In in "Skull Bones" ritroviamo i pirati nella forma più smagliante con i cori che tanto li ha
caratterizzati nel corso degli anni. Le antiche cavalcate di "Under Jolly Roger" e "Port Royal" cedono il
passo a ritmiche più dure e cadenzate. Ne sono l'esempio lampante "Black gold", "Born Dead, Dying
Worse" e "Soul Vampires".
Sul finale l'album perde un pò dell'energia iniziale, ma viene recuperata in extremis con l'ultima traccia
"The War", song più lunga di tutto il lavoro, superando i 10 minuti di durata. Un brano che in se riassume
tutta l'essenza di questo "Rouges en Vogue" e che chiude in grande stile l'ultimo capitolo targato Running
Wild.
Dopo un'ottima rinascita da parte dei Saxon con "Lionheart" è toccato ai Running Wild, chissà chi sarà il
prossimo...
Da segnalare la bellissima edizione speciale in digipack contenente due bonus Track.
Recensione di Paolo Manzi
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