James Labrie non può che essere catalogato come uno dei più influenti
cantanti prog-metal degli ultimi quindici anni. La sua band principale,
infatti, i Dream Theater, è tra le avanguardie del metal virtuosistico
direttamente dalle origini. Labrie, giunto ormai al suo terzo progetto
solista (ricordiamo lo splendido mullmuzzler e il no"non troppo convincente"
mullmuzzler2), propone adesso un album molto impegnativo: "Elements of
Pesuasion". coloro che conoscono il canadese conoscono quanto sia preparato
sul piano intellettuale, i suoi testi sono pieni di metafore, immagini e
ogni parola è scelta con particolare attenzione. sola dal titolo"elementi di
persuasione" si ha uno specchio che riflette la complessità del pensiero
contenuto in quest'album. Il singer riguardo al suo lavoro: "Partendo dalla
nascita siamo influenzati dal nostro ambiente, in pubblico così come nel
privato. Molte cose che si possono osservare oggi hanno, per me, qualche
punto di contatto con la separazione e l'interpretazione della propria
religione."
Dal punto di vista melodico invece quello che colpisce di più è la
fortissima distorsione usata per la chitarra, in alcune tracce come
"Crucify" e "Freak", addirittura, la distorsione sembra quella usata dai
Judas Priest in "Demolition". L'album scorre veloce e senza intoppi, il
ritmo è sempre incalzante, insomma, Labrie non si dimentica mai (come
capitato in mullmuzzler2) di essere un compositore metal.
Le canzoni, dure ed emotive, riescono ad evitare di diventare pesanti
grazie la varietà d'atmosfere propria del prog metal, la voce squillante di
Labrie, in più, conferisce, alle sue composizioni, un senso di profonda
freschezza inimitabile per un altro cantante. Non mancano certo, come in
ogni album solista, canzoni che ricordano molto lo stile della band
principale dell'autore, infatti, "Pretender" non stonerebbe affatto se messa
su una raccolta di brani dei Dream Theater.
I suoi detrattori, che lo davano già finito all'alba del 2000 con "Six
Degrees Of Inner Turbolence", dovranno aspettare ancora un bel po' per
vedere il definitivo tramonto di uno di cantanti prog più influenti dello
scorso secolo.
Recensione di Tommaso Bonetti
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