Imperial, è il primo disco per l’omonima band locarnese, ma la carriera dei due membri fondatori, non comincia certo qui. Infatti Mila Merker (basso) e Grant Dow (drums), militavano già nelle fila degli ormai sciolti Naive, e prima che in essi, nei My device. A conti fatti, i nostri calcano ormai da una decina di anni la scena rock del nostro Paese. Il genere che gli Imperial ci propongono, è un bel hard rock basato su due chitarre e a tratti contaminato dal sound dei migliori Nirvana. Questo magnifico disco, ha il potere di tenere attaccato allo stereo l’ascoltatore per tutta la sua non breve durata. Questo grazie alla sapiente mescolanza di pezzi belli pesanti, vedi la title track Imperial, con altri più tranquilli ed orecchiabili, quale Promised land. Fra i pezzi più ad effetto del disco, possiamo trovare We will return, che con il suo ritornello chatcy, può essere benissimo passata alla radio. Un'altra chicca, la si può identificare in Leaving today, eseguita con chitarra acustica e djiambe (naturalmente di hard rock, questa song ha ben poco, ma la sua bella melodia, ti prende e non ti molla fino alla fine). l’unica piccola pecca di questo magnifico album, la si può trovare in Anais: questa canzone è semplicemente troppo lunga e tranquilla, e alla fine ciò può essere stancante e non si vede l’ora che la traccia finisca.
Secondo la band, questo lavoro vuole essere un inno alla maestosità, alla grandezza e ai fasti di… tutto ciò che ci circonda. Infatti, è da questo concetto di imperiosità, che nasce il nome del gruppo.
A conferma di ciò che i 5 locarnesi affermano nelle interviste, ci sta proprio il disco stesso: dalle 14 tracce irrompe un unico messaggio: dare sempre il meglio di se stessi in ogni situazione, essere il più "imperiali” possibile, cioè essere grandi, dignitosi in tutto ciò che si vuole svolgere. Facile dunque dedurre che questo album voglia infondere in chi lo ascolta soltanto pensieri positivi. Pensieri che potrebbero però essere in contrasto con le immagini abbastanza macabre della cover e del booklet del CD. Queste foto di scheletri, sono state scattate in vari ossari del Cantone Ticino, e vogliono rappresentare la ricchezza artistica della nostra regione. In primo luogo però queste immagini di morte, vogliono essere una molla che ci spinge a dare valore ad ogni singolo momento della nostra esistenza. Cioè a trarre dal tempo che ci rimane da vivere ogni piacere e a spingerci a fare fruttare al meglio le nostre potenzialità.
Sarò ripetitiva ma questo disco, è veramente magnifico, e suonato con vera perizia. Anche la produzione è eccellente: infatti, se non lo si leggesse sul retro della custodia, non sarebbe possibile immaginare che il tutto sia stato registrato in quel di Locarno (lo studio di registrazione è di proprietà di Mila Merker n.d.a). I suoni sono perfetti e la voce di Davide Portacci é… imperiale.
Nella pallida scena ticinese e svizzera, ci voleva proprio un gruppo potente come gli Imperial che nella loro musica, sanno metterci ancora la vera passione. Su questa mia ultima affermazione, ci riflettano altri big del rock rosso crociato, che ormai pensano soltanto a incassare milioni e a pubblicare lo stesso disco con titolo diverso da anni, per fare piacere ai fan del Giappone e dell’Uruguay (ogni riferimento ai Gotthard, é puramente casuale).
Verdetto: da consigliarsi a chiunque ami la buona musica e soprattutto a chi impazzisce per l’hard rock più puro.
Recensione di Elisa Mattei
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