Arrivano dalla vicina Francia i Towersound portando come biglietto da visita un ottimo debut album dove alla potenza del
classico heavy metal nato negli eighties vengono aggiunti elementi celtico/medievali con l'ausilio di strumenti come flauto,
organo, arpe.
Il combo ha alle spalle solamente quattro anni di attività, nel corso dei quali è stato registrato un unico demo, cosa che non si
direbbe ascoltando questo lavoro che traspira heavy metal da tutti i pori, anche se a tratti la produzione non si attesta sugli
standar qualitativi a cui siamo oggi abituati, dando però un tocco più "eighties" alle canzoni.
La band viene fondata da due fratelli, Jon (Jean Christophe) vocalist ed autore delle lirics e Lonn (Laurent) alla chitarra a cui
successivamente si aggiunge il terzo e più piccolo dei fratelli Flo dietro le pelli.
Un gruppo nato in famiglia che, unita dalla passione per il metal, da vita ad una band compatta come il proprio sound.
Pur non potendo certamente brillare per originalità, visto il sound classico proposta dall'act d'oltralpe, l'album, sin dalle prime
note, risulta comunque molto personale, complice soprattuto un buon lavoro di songwriting.
Si comincia con un' intro in chitarra acustica ed organo che ricrea molto bene un'atmosfera da maniero dell'epoca medievale
per certi versi simile a certe colonne sonore utilizzate nei video games di strategia ambientati in quel preciso contesto storico.
Un tuono invece ci introduce alla titletrack "Towersound", un brano fresco che vuol'essere il biglietto da visita della band,
ottimi i guitar solos di Lonn, mentre scopriamo che la voce di Jon ricorda molto i cantanti della NWOBHM dando quel tocco
classic in più caratteristaica che ritroviamo nelle successive "Devils of the Night" veloce e potendte sulla scia delle band power
teutoniche e "Shine over Me" dove il ritmo rallenta per la prima ballad del platter. La seconda, "My Wild Rose", la ritroveremo
verso la metà dell'album dove Jon dimostra di avere una voce veramente teatrale, sicuramente adatta al tipo di sound
proposto.
Sulle ultime battute la band si cimenta in una suite in 5 parti "Final March, Last War" la cui apertura, è facile intuire, è
scandida da un rullo di tamburi come quelli che scandivano le marce degli eserciti. La successive parti descrivono le fasi di
una battaglia tra bene e male, che vedrà il momento più drammatico nella 4^ parte. Ma dove emergono anche tutte le doti di
songwriter del frontman.
La chiusura dell'album spetta ad una bonus track "Dommed at Down" la cui chitarra mi ricorda quella degli svedesi Falconer
ai tempi del debutto.
Ottimo album che ci presenta una giovane band dall'ottimo potenziale, specialmente in fase di songwriting e quindi da tenere
d'occhio!
Recensione di Paolo Manzi
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