Gjallarhorn è il corno che il dio Heimdall suonerà per avvertire gli dei che Ragnarok, la fine del mondo vichingo, sta per
compiersi. Sotto questo moniker, nasce oggi una nuova band nata per volere di Fenrir e Vali, rispettivamente chitarra e voce,
alla quale si aggiungono successivamente Nidhoggr (basso) e Gungnir (Batteria). I quattro raccolgono l'eredità del defunto
Quorton e dei suoi Bathory, lo si nota chiaramente nei cori, nelle linee vocali e nei riff, mentre le atmosfere riportano alla
mente il più epico Falkenbach dando così vita ad un viking metal epico ma allo stesso tempo potente e rude.
Spetta proprio ad un corno il compito di richiamere l'attenzione dell'ascoltatore che immediatamente verrà rapito sulle note di
"The Plane of Vigrid", intro che subito ci proietta nella prima traccia, riportandoci con la mente a più di mille anni fa in qualche
villaggio scandinavo, dove qualcuno si appresta a raccontare una storia, "The Day Odin Stood Still". La canzone, vicinissima
sia come ritmiche che come linee vocali ai già citati Bathory che in certi frangenti riporta alla mente la mitica "One Rode To
Asa Bay". Scanso equivoci tengo a precisare che Gjallarhorn vista anche la caratura dei membri della band, non copia
assolutamente dai maestri del viking, prende solo degli spunti, rielaborandoli dando così vita ad un sound personale, dove
suoni campionati come rumori di battaglia fungono molto spesso da stimolo per la fantasia dell'ascoltatore.
Pezzo forte dell'album è senza dubbio la maestosa suite "Ragnarok", suddivisa in tre momenti che descrivono appunto quella
che per la mitologia nordica era la fine del mondo e delle sue divinità.
Nella prima parte, "Blood Over Asgaard" troviamo Himdall che suona il suo corno ed avverte tutti gli dei che la fine è vicina, il
il suono assume un tono che si carica di tensione man mano che la canzone prosegue fino a cedere il passo all'ululato di
Fenrir (il lupo non il chitarrista ndr.) che ci introdice in "Chaos Unleashed". Decisamente parte più carica di phatos, lo scontro
finale, anche il ritmo rispetto alla traccia precedente aumenta tramutandosi in una cavalcata di chitarra ritmica che ben si
addice all'epico scontro che sta per avvenire tra Loki e le forze del male contro gli dei di Asgaard capeggiati da
Odino.
Com'era auspicabile "Ragnarok" chiude la splendida epopea, la voce di Vali assume toni più drammatici, a tratti
quasi teatrali ed il ritmo rallenta riportando in primo piano le atmosefere bathroyane.
La chiusura dell'album spetta ad un tributo al popolo vichingo ed a quel periodo storico in cui erano temuti in tutta Europa.
"200 Years of Fury" che molto si avvicina ai più epici e cadenzati Amon Amarth.
Il fatto che nella line up si trovino due membri dei Doomsword può contare fino ad un certo punto dato che poche sono le
similitudini tra le due band a riprova che Gjallarhorn è una band vera e propria e non un side project.
Forse l'unica caratteristica comune accostabile a Doomsword è proprio la capacità di creare queste atmosfere che
materializzano le scene narrate davanti agli occhi dell'ascoltatore come se si stesse vedendo un film.
Ottimo anche il songwriting e come già detto precedentemente ho trovato ottima l'idea dell'utilizzo di suoni campionati.
Un Must per tutti i fan del genere!
Recensione di Paolo Manzi
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