Un'altra pietra miliare della musica rock, Steve Howe ed un nuovo solo album. La tecnica sicuramente non manca
daltr'onde stiamo parlando di un musicista con alle spalle 35 anni di carriera che con il proprio sound ha influenzato
differenti generazioni.
Un album di 15 tracce totalmente strumentali risulta tuttavia eccessivamente prolisso. Il mix di rock, prog e jazz non
bastano certamente per far si che il livello di attenzione dell'ascoltatore non precipiti vertiginosamente verso il
basso.
La curva di interesse di "Spectrum" si rivela una come una parabola discendente, partendo con la buona "Tigers den" e
la successiva "labyrinth". Ha un guizzo verso l'alto sulle note dell'articolata e ben strutturata "Realm thirteen", prima
che il signor Newton ci ricordi la legge di gravità con "Without doubt".
"In the Skyway" pur essendo un buon pezzo paga la posizione in cui si trova, ovvero la terzultima, forse non a caso
proprio la tredicesima, un ascoltatore medio a questo punto non ci sarebbe nemmeno arrivato, peccato perché questo
si rivela tra i migliori pezzi dell'album dove la chitarra di Steve riesce a ricreare al meglio vere atmosfere seventies.
Alla luce dei fatti non mi sento di consigliare l'album se non hai più accaniti fan, o ad accaniti cultori della chitarra e della tecnica. Il mercato è saturo di solo's album suonati certamente ad altissimi livelli, ma che troppo spesso si rivelano asettici e privi di sentimento.
Recensione di Paolo Manzi
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