Ecco, puntuale come sempre, il nuovo album degli In estremo, ottavo in otto anni, e contraddistinto come al solito dal particolare sound folk-medioevale che è caratteristico marchio della band tedesca. ”Mein Rasend Herz” segue a un non eccezionale “Sieben”, il quale, pur essendo un buon album, non si poteva certo considerare ai livelli di "Weckt Die Toten" o di "Sünder Ohne Zügel", a mio avviso i due migliori dischi della band.
Con questo nuovo album, pur continuando sulla stessa strada, il gruppo riesce comunque a sfruttare la varietà e la particolarità della loro proposta, con il risultato di un lavoro piacevole ed interessante, utilizzando ovviamente diversi strumenti di antiche origini (ognuno di loro è in grado di suonarne almeno sei differenti), tra cui spiccano le immancabili cornamuse del Dr. Pymonte.
Ed è proprio la cornamusa che fa da protagonista nell’apertura di “Raue See”, canzone potente che imprime la giusta grinta all’album sin dalle prime battute, con l’inconfondibile voce di Das Letzte Einhorn sempre in ottima forma. Fuori dai soliti schemi della band è “Horizont”, con un duetto tra il singer tedesco e la cantante Marta Jandová dei Die Happy, mentre la successiva “Wessebronner Gebet” assume toni da balletto mediovale (spezzato da una parte acustica in cui sembra di trovarsi all’ascolto di un canto indiano), grazie anche all’uso dell’arpa e alla sua melodicità.
Più verso il rock, seppur con elementi folk, è invece “Nur Ihr Allein”, il singolo che ha fatto da apripista all’album, meno articolata e dal ritornello molto più diretto; a questa segue la canzone in francese “Fontaine la Jolie”, una mid-tempo più melodica, anche se non uno dei migliori brani del disco, inframezzata da un solo di flauto medioevale.
Più veloce e segnato dalle chitarre, che gli danno maggior potenza, è il brano seguente, “Macht Und Dummheit”, che precede la breve ballata acustica “Tannhuser”, la quale ci porta in un atmosfera da salone di un castello durante un banchetto. E’ poi ancora la cornamusa a farla da padrona in “Liam”, conferendo al brano sonorità più celtiche, in un ottimo pezzo melodico, fra i più belli degli ultimi album.
Eccoci così a “Rasend Herz”, traccia più pesante ma comunque varia e con diversi cambi di tempo, che rappresenta un buon misto di rock-folk, mentre un’apertura più orientaleggiante (così come anche la conclusione), introduce “Singapur”, canzone dai ritmi più dilatati profondamente segnata dalla chitarra acustica e dalle solite melodie della cornamusa.
Avviandoci alla conclusione troviamo “Poc Vecem”, caratterizzata da una prima parte più potente, in cui ancora una volta Einhorn mostra la sua buona condizione, e una parte con una venatura più melodica, con un atmosfera quasi nostalgica, creata dall’uso di una specie di violino. A chiudere l’album è invece la rockeggiante “Spielmann”, in cui particolare è il refrain, accompagnato dalle cornamuse, che riecheggia sulla canzone costituendo la giusta conclusione del disco.
In sostanza gli In Estremo ritornano con un buon lavoro, anche se con qualche alto e basso, ma con alcuni brani veramente interessanti, mostrando di non aver perso dopo anni di lavoro l’originalità e la creatività che caratterizza la loro proposta.
Recensione di Marco Manzi
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