Comincio la mia recensione del nuovo album dei Firetrails con una piccolissima riflessione: si sa che per qualunque persona appassionata di musica recensire un album è sempre un piacere; ma quando si è di fronte ad un album prodotto da una vera “leggenda” del metal italiano come Pino Scotto, fare una recensione diventa un vero e proprio onore. Ed è con questo spirito che mi accingo a recensire l’ultima creazione di questo gruppi che, nato nel 2002 grazie ad alcuni dei membri della storica formazione dei Vandium (Pino Scotto, Lio Mascheroni) ed al chitarrista Steve Angarthal, vede oggi la propria formazione consolidata dalla presenza di Larsen Premoli (ammiratore sfegatato dei Dream Theatre) alle tastiere, Frank Coppolino al basso e Mario Giannini alla batteria.
Ciò che da sempre ha caratterizzato il gruppo, e che è diventato il loro autentico marchio di fabbrica, è l’adrenalina che la band riesce ad infondere sia in studio che dal vivo. Questo è un gruppo che ha un sound che va dritto al cuore. Infatti, pur non rinnegando le proprie radici che affondano nel più puro e dannato Hard Rock, è riuscito ad inserire nella popria musica delle venature progressive e persino degli spunti epici.
L’album si apre alla grandissima con una triade al fulmicotone: la titletrack “Third Moon”, un mid tempo che viene introdotto dalle stupende tastiere di Premoli che preparano un vero e proprio tappeto sonoro su cui scorrono gli stupendi riff di chitarra di Angarthal e le trascinanti linee vocali create dall’inesauribile Pino Scotto. Otiimo il chorus, creato appositamente per essere cantato a squarciagola in sede live, Spaces And Sleeping Stories, un vero proprio concentrato di adrenalina introdotto dalla batteria di Giannini e Fighter, altro brano spaccaossa introdotto manco a dirlo dall’ottimo Premoli.
Ed ecco che giunge, quasi dal nulla, una serie di pezzi che mette in bella mostra il lato più epico e progressivo dei Firetrails, Brave Heart, brano dalle sonorità graffianti e trascinanti con un chorus che entra subito in circolo, quasi fosse un veleno che provoca assuefazione immediata, Sailor And Mermaid, con il suo intro che fa tornare in mente i Manowar, ma che lascia subito il posto a delle sonorità potenti e molto trascinanti. Otiimo il duetto centrale in pieno stile progressive di tastiera e chitarra, Reaching For The Sky, brano strumentale che miscela in maniera quasi diabolica l’Hard Rock più aggressivo e spudorato, il Progressive più tecnico e coinvolgente e persino delle venature di Classic Metal, Silent Heroes, brano che, con il suo ritmo molto cadenzato, atmosferico ma estremamente coinvolgente, con il tappeto sonoro creato dalle tastiere di Premoli, i riff veramente assassini di Angarthal e le ottime linee vocali di Scotto, potrà diventare sicuramente uno dei cavalli di battaglia della band, God Of Souls, con i suo intro narrato che lascia subito il posto ai riff indemoniati di chitarra ed alle ipnotiche linee vocali che, come dice il titolo del brano, riescono ad impossessarsi dell’anima dell’ascoltatore sin dal primo ascolto, Stronghold, altro pezzo molto tecnico ed estremamente trascinante e coinvolgente, introdotta da un breve ma intenso duetto tra il basso di Coppolino e la tastiera di Premoli, prima dell’irrompere titanico del resto del gruppo, Freedom, un vero tributo ai nativi americani, introdotta dai flauti tipici degli indios, con un ritmo che definire indemoniato diventa realmente limitativo e dei chorus che entrano subito in testa e che si prestano ad essere “urlati” anche da chi non li conosce; ed infine a chiudere questa serie infinita di perle arriva, per la gioia dei fan, Wise Man Tale, un brano molto atmosferico, quasi una semi-ballad in pieno stile epico con la chitarra di Angarthal che crea dei riff che avvolgono l’ascoltatore quasi fossero dei serpenti (mi viene in mente che questo tipo di paragone è stato usato anni fa per un certo Dave “The Snake” Sabo, a cui Angarthal non ha nulla da invidiare), che assomiglia quasi ad un tributo ad un sapiente (il Wise Man appunto). È d’obbligo ribadire il titanico lavoro di Premoli che riesce, con le sue sonorità, a rendere questi pezzi dei veri capolavori.
Per concludere posso solo dire che chi si lascia sfuggire un album come questo, dovrà veramente mordersi le mani, perchè qui siamo di fronte ad un vero capolavoro.
Recensione di Donato Tripoli
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