Gli El Caco sono una band composta da tre musicisti norvegesi il cui primo disco (“Viva”) risale al 2001. L’attitudine del gruppo vorrebbe rifarsi all’hard rock più stradaiolo e motociclistico.
Il disco si apre con “Someone New”, che porta in se buona parte dei tratti caratteristici della band. Il sound collega l’hard rock di stampo nordeuropeo con un taglio attuale ed in parte modernistico, il suono delle chitarre è gonfio e pesante, piuttosto attuale, nella voce e nell’arrangiamento della batteria si ritrovano componenti che si avvicinano di più all’hard core.
Il secondo pezzo “Stuck To Deteste” diventa più aggressivo, in particolare l’arrangiamento della batteria che slitta verso il thrash, tendenza che anche gli altri strumenti in parte seguono. Discreto il tentativo di modulazione della voce ad opera di un distorsore, quantomeno in questo modo le caratteristiche non proprio ottime della voce passano più inosservate.
Con “Underneath” registriamo un calo della velocità, ma anche un’aumentare della tensione emotiva, alquanto scarsa nei brani precedenti. I tratti da ballata lievemente alternativa e lievemente scontata la rende un pezzo potenzialmente radiofonico.
“Fallen” conferma il fatto che gli El Caco vogliono seguire le tendenze in auge con un pezzo più cadenzato.
“Dislocated” torna su toni più morbidi a tratti blueseggianti e con un tocco di psichedelia. Forse è uno degli esempi più interessanti di questo disco nonostante il fatto che esuli dal carattere medio degli altri pezzi.
Da qui in avanti il disco viaggia più o meno sulla stessa frequenza, l’unico cambio che si nota è un parziale slittamento della voce su tonalità mediamente più alte ed un timbro più squillante.
Ad interrompere in parte questa monotonia arriva “Straitjacket”, che pur rimanendo aderente ai toni medi del disco, appare come una sorta di reinterpretazione ben riuscita degli stessi.
In conclusione troviamo “Down The Lake”, che si apre con un’intro di archi ed una chitarra pulita che finora non si era mai vista. In questo pezzo vediamo una composizione piuttosto differente dalle altre, molto più pacata e questo è uno dei rari casi, in questo disco, in cui un pezzo si discosta dalla linea generale dell’album.
Il disco in questione contiene forse una quantità eccessiva di pezzi, se comparata alla scarsa varietà di essi, il numero di tracce avrebbe potuto essere tranquillamente ridotto ad otto senza diventare un ladrocinio nei confronti degli acquirenti, anzi, sarebbe stato più “onesto” inserire meno tracce, ma che spaziassero di più.
Dal punto di vista tecnico tutti e tre i musicisti sembrano essere all’incirca sullo stesso piano… non troppo elevato.
A livello di composizione c’è da dire che i pezzi non sono eccessivamente complessi (che non è necessariamente uno svantaggio), né troppo originali. Una delle caratteristiche più peculiari del gruppo è forse la voce, che però, in particolare nei primi pezzi, non compie un lavoro eccelso.
La produzione è adeguata al genere, le chitarre possono non avere un suono stupendo, ma sicuramente non cozza col sound generale ed è piuttosto caratteristico.
Recensione di Lorenzo Canella
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